Qualunque cosa si pensi di Berlusconi e della sua vicenda politica, già per semplice solidarietà umana si dovrebbe condannare l’odio giacobino che ancora una volta è esploso contro di lui a seguito della condanna per evasione fiscale che venerdì gli è stata inflitta in primo grado dal tribunale di Milano, dopo che il tribunale di Roma per le stesse accuse e sulla base delle stesse carte lo aveva prosciolto.



Per i giacobini di oggi come per quelli di ieri l’avversario politico non è qualcuno che dà risposte diverse dalle tue ai comuni problemi della vita pubblica; prima di tutto è una persona indegna, un difensore di sordidi interessi, un corrotto, un corruttore o tutte e due le cose. Pertanto va innanzitutto distrutto come persona.



È questo un filo rosso, anzi un filo nero che inizia a dipanarsi con la Rivoluzione francese, con la requisitoria di Robespierre contro il re Luigi XVI, e che poi in quest’area ricompare sempre: dalle invettive di Lenin contro i “rinnegati” che non la pensano come lui, e poi giù, giù nel tempo e nel livello fino a estremi epigoni come Ezio Mauro, Marco Travaglio e simili. Basta passare in rassegna la stampa di questi giorni per averne ulteriore riprova.

Mi rifaccio qui per comodità a una sintesi tratta dal portale internet “Virgilio”: «Repubblica ha un editoriale di Ezio Mauro, “Una storia esemplare”: “Si chiude così, con la sanzione giudiziaria netta, durissima e soprattutto infamante un’avventura titanica nata nella televisione e finita in tribunale ma che era già morta nella politica”. Sulla Stampa, per Gianni Riotta “i miraggi e gli alibi sono svaniti”: “la condanna a 4 anni di reclusione, ridotti a uno per indulto, con cinque di interdizione dai pubblici uffici… segue di poche ore la rinuncia dell’ex premier a ricandidarsi a Palazzo Chigi e chiude per sempre una stagione della Repubblica lunga 18 anni. Così giudica l’opinione pubblica mondiale, aprendo con la notizia i siti web internazionali…” Sulla stessa linea L’Unità (“I titoli di coda di un film finito” di Michele Prospero) e Pubblico (“Una frode fiscale”, con una foto che accosta Berlusconi a Al Capone) “Dopo Olgettine, inchieste, scandali, Ruby e Noemi, Berlusconi viene condannato per una bazzecola (si fa per dire) come Al Capone. Eppure è così che finisce un’era. Ha senso oggi l’antiberlusconismo?”.



Il Fatto Quotidiano (“Berlusconi ‘delinquente naturale’” citando dalla sentenza) ha un editoriale di Marco Travaglio, “Le indecenti evasioni” che si concentra sulle conseguenze pratiche della sentenza: “la mannaia della prescrizione incombe” anche se “il reato dovrebbe estinguersi nel 2014, dunque c’è tutto il tempo per celebrare gli altri due gradi di giudizio”. Ma anche fino all’ultimo grado “se la Cassazione confermasse il verdetto di ieri, B. non andrebbe comunque in carcere: sia perché dai 4 anni vanno detratti i 3 dell’indulto gentilmente offerto nel 2006 dal centrosinistra… sia perché B. ha più di 70 anni e in base alla legge ex Cirielli da lui stesso imposta e mai cancellata dal centrosinistra, a quell’età si va ai domiciliari”. Ma conclude: “Resterebbero però 2 anni di interdizione dai pubblici uffici… B. dovrebbe lasciare il parlamento e perderebbe oltre al seggio l’immunità”».

Sanzione “infamante”, “delinquente naturale”, “indecenti” evasioni, accostamento di Berlusconi al gangster Al Capone. Tutto questo è soltanto odio allo stato puro, forse anche paradossalmente venato da un’inconfessata ma furiosa invidia. Il contrasto sul piano politico, se c’è, viene dopo. Forse però in certi casi non c’è nemmeno. C’è l’odio e basta.