“Il Pdl per continuare ad esistere ha un disperato bisogno di un nuovo leader, capace di dire cose credibili sull’Europa e sul recupero di competitività del nostro Paese”, altrimenti è meglio “chiudere bottega e archiviare definitivamente il Pdl”, perché Berlusconi “ha esaurito la sua carica, ha terminato la sua parabola”. Così parlò Mario Mauro dalle colonne di Avvenire. Attenzione, rottamatori a centrodestra! La battuta che fa titolo viene fin troppo facile, ascoltando le parole del presidente degli eurodeputati del Pdl. Ma come tutti i titoli troppo facili, rischia di non essere completamente vera e un po’ ingenerosa.
Fare i rottamatori è un lavoro duro, bisogna incominciare presto a pestare picconate e senza andare per il sottile, Renzi insegna. Mauro è un politico intelligente, sa che una carriera da rottamatore non s’inventa. Che abbia posto un problema serio è comunque evidente, ed è una notizia. Del resto lo aveva già detto a Omnibus qualche giorno fa: “Se ci fosse un giovane con idee credibili che entrasse in competizione per la leadership del mio partito io lo voterei”.
Poi c’è l’ex ministro degli Esteri, Franco Frattini, che al Corriere della Sera spiega: “Se si supererà il porcellum con le sue forzature che impongono un bipolarismo muscolare e si passerà a un sistema a base proporzionale… allora ogni forza potrebbe correre per proprio conto, sostenendo i propri programmi che avranno in parte una base comune” e, dulcis in fundo, il problema della “leadership personalistica” (il diplomatico Frattini adora gli eufemismi) sarebbe superata.
È la solita dialettica politica, o qualcosa si muove davvero nel campo paludoso del Pdl? In un quadro senza logica e regole come quello della politica partitica italiana, è ovviamente difficile dirlo. Ma certo qualcosa di interessante c’è. Tant’è vero che il primo a cogliere la palla al balzo è stato Rocco Buttiglione, presidente dell’Udc: “Le parole di Mauro e quelle di Frattini aprono finalmente una discussione politica seria all’interno del Pdl. Di questo ce ne rallegriamo e siamo interessati”. E quando dice che “è necessario riorganizzare una rappresentanza politica forte dell’area moderata, e questo non può nascere che tra noi e il meglio del Pdl” il filosofo cultore di Sturzo e De Gasperi è difficile che pensi al centrino asfittico agognato dal suo amato segretario Casini in coppia con Fini.
“Il vero primo punto è riconoscere che è finita l’era berlusconiana e individuare un nuovo progetto per il bene dell’Italia”, ha aggiunto Buttiglione, che in realtà lo ripete senza particolare costrutto da anni. Il problema infatti è che non si sa bene cosa ci possa essere una volta archiviato il Pdl – o forse lo sa Mauro, che è filosofo – o almeno quale prospettiva possa esserci per quella parte del mondo politico che vorrebbe ispirarsi alla lezione degasperiana e per l’elettorato disposto ancora a darle fiducia.
Perché tra la presa di posizione di Mauro e l’eterno rassemblement moderato di Buttiglione c’è qualche differenza. E se Frattini scommette sul proporzionale, Mauro non si sa, sembrerebbe quasi buttare un ballon d’essai per le primarie. E quando Buttiglione dice che “i moderati nascono solo tra noi e il meglio del Pdl”, sembra escludere di aspettarsi qualcosa di buono dai fratelli della fede che si incontrano a Todi e dintorni.
Il quadro insomma si muove, ma per ora le certezze sono più che altro le ipotesi già scartate sul nascere: a partire da un nuovo partito confessionale. Quello che c’è di nuovo e può dare credibilità alla “rottamazione” di Mario Mauro è il contesto esterno. Nelle ultime 72 due ore alcune cose del quadro politico si sono chiarite. Primo, Mario Monti non si candida, e con ciò crolla la finzione di usare Monti “come la cura Di Bella per il cancro”, come ha scritto Luca Ricolfi sulla Stampa. Monti, insomma, sarà premier di nuovo solo se fallirà la politica, tutta quanta. Secondo, le probabilità che nemmeno Silvio Berlusconi si ricandidi sono in aumento. Terzo, aumentano anche le probabilità si torni a votare col porcellum (Bersani oggi ha detto che sulla legge elettorale c’è “troppo ottimismo”), e questo porta ragioni a favore di Mario Mauro quando dice che al Pdl serve un nuovo leader. Quarto, orfano precoce di Monti, il famoso Terzo polo dei “parassiti” (Il Foglio dixit) non sembra particolarmente attrezzato manco per beccare il quorum. E questo depone a favore di Buttiglione, che preferisce guardare ai cattolici del Pdl piuttosto che ai tecnocrati di belle speranze. Quinto, quel che resterà del Pdl sarà, di riffa o di raffa, depurato da una bella fetta della componente di An, la meno disponibile alle prospettive “moderate”.
Se il quadro si sta facendo più semplice, il tempo però stringe. Dei tempi necessari alla rottamazione (ammesso e non concesso che sia lo stato d’animo di Mario Mauro) abbiamo detto; ma anche Angelino Alfano rischia di trasformarsi nel Gran Tergiversatore dentro un marasma politico insostenibile. Le primarie del Pdl erano una buona idea qualche mese fa, ora è tardi. E per prendersi la leadership non basta essere giovani: occorre anche la determinazione (e la cattiveria) per farlo. Renzi insegna anche qui. Quella di Mauro Mauro può dunque essere la prima chiamata utile per qualcosa di nuovo, ma il rischio che sia anche l’ultima è forte.