Il primo commento a caldo dei risultati elettorali siciliani (mentre ancora si stava svolgendo lo spoglio) è che più del 70 per cento degli elettori – tra astenuti e voti contro – ha messo definitivamente una croce sopra al sistema politico attuale, governo e opposizione, e ha fatto uno sberleffo alle alchimie politologiche con cui commentatori e politici di lungo corso continuano a rappresentare il futuro politico del nostro Paese. Vedendo ciò che sta accadendo in Sicilia appaiono patetici i discorsi di Schifani, Casini, Riccardi, Montezemolo, che continuano a immaginare alle elezioni di aprile il trionfo di una lista di illustri personaggi che dovrebbero rappresentare il centro moderato di questo Paese.



L’inaudito successo di Grillo dimostra ampiamente a tutti i livelli come la spinta alla radicalizzazione della protesta elimina totalmente lo spazio di una mobilitazione degli italiani verso il centro moderato. Sommando infatti l’elevatissimo astensionismo e l’inconfutabile successo di Grillo, si può agevolmente dedurre che nel nostro Paese si sta formando una larga maggioranza che non ritiene più sopportabile il gioco politico sin qui rappresentato dai partiti e dal sistema mediatico. I messaggi rassicuranti del presidente del Consiglio non commuovono più nessuno; i propositi di sdrammatizzare il senso di vuoto rabbioso che gli italiani avvertono rispetto alle classi dirigenti non può essere colmato immaginando un Monti-bis sostenuto da una grande coalizione, né tantomeno si può ipotizzare un’alleanza di governo che faccia perno sul centrosinistra e su un accordo di governo con la cosiddetta area moderata del Paese.



L’affermazione di Grillo conferma che i moderati non esistono e che non c’è spazio per una mediazione di centro guidata magari da ex ministri del governo Monti. Comunque vadano i risultati finali, infatti, Grillo sbaraglia ogni tentativo di razionalizzare l’attuale situazione con qualche spruzzata di modernizzazione. Se si va alla resa dei conti, a mio parere, anche Renzi, che già svolge un’azione destabilizzante, dovrà fare i conti con la spinta del radicalismo sovversivo che Grillo sta immettendo nella vita del Paese. Bisogna riconoscere che Grillo ha immesso nella campagna elettorale siciliana gli unici elementi di novità che hanno attratto anche per pura curiosità così tanti elettori disgustati dall’attuale dilagare della corruzione dei partiti.



Grillo, a differenza degli altri, ha fatto una campagna elettorale del tipo di quella che una volta solo il Pci sapeva fare. Ha incontrato migliaia e migliaia di persone, ha dialogato per le strade e per le piazze con i cittadini, si è offerto in pasto pubblico al desiderio di mandare tutti a casa. 

Al contrario i partiti, che si sono riproposti con il loro volto consueto, hanno sviluppato una campagna elettorale piatta e rituale. Hanno dovuto evitare le piazze e i luoghi pubblici per non essere fischiati e sopraffatti dalle proteste. Hanno contrattato blocchi di voti con gli antichi sistemi di negoziazioni segrete per conservare i poteri dei vari cacicchi che presumevano di controllare ancora massicce dosi di elettorato. Gli accordi segreti e il sistema di scambio non ha funzionato quasi per nulla. Il successo di Grillo è un terremoto che può propagarsi all’infinito, ma esprime – e per questo va preso in seria considerazione – un voto libero dai tradizionali ricatti che specialmente la destra siciliana ha esercitato nei confronti di blocchi di elettori venduti all’asta del miglior offerente.

Non sfonda Musumeci, che cercava di riproporre la retorica fascista del vecchio movimento sociale; perde il Pdl, dilaniato dalle guerre interne e incapace di esprimere un progetto convincente per i siciliani; per certi versi perde anche il Pd che, pur ottenendo un risultato positivo per la candidatura di Crocetta, si troverà presto di fronte ad una Sicilia ingovernabile così come lo sarebbe il parlamento italiano se le tendenze del voto siciliano si proiettassero sul quadro politico nazionale. La spaccatura fra le due sinistre e l’alleanza con l’Udc di Casini hanno sicuramente reso opaca la proposta politica per un’isola che vive profondamente la disperazione del proprio fallimento economico e sociale. 

Ciò che ha caratterizzato la campagna elettorale dei partiti è stato un sostanziale immobilismo affidato alla gestione di gruppi dirigenti mediocri e spesso anche privi di una cultura adeguata alla comprensione dei sentimenti popolari che si agitano tra le persone in carne ed ossa. È mancata nella proposta politica dei partiti la consapevolezza drammatica sia dell’imminente default della Regione, sia della necessità di indicare ai siciliani una via di riscatto rispetto allo stato di frantumazione rissosa che caratterizza i gruppi di potere che controllano le diverse sigle politiche. Per il Pd il risultato elettorale dovrebbe spingere ad una riflessione sull’intera strategia di alleanza con i moderati e a una valutazione più attenta di come il risultato di Grillo possa influire sul ruolo di Renzi nello scompaginamento dell’attuale assetto politico che si presenterà alle primarie.

Una cosa mi sembra chiara: quando il rifiuto del presente si esprime in un modo così clamoroso e netto, nessuna operazione di maquillage potrà contenerne gli effetti dirompenti. Per riconquistare il consenso ci vogliono parole semplici e un contatto di pelle con gli elettori, anche a rischio di essere fischiati per le piazze e per le strade. Ci vuole la capacità di trovare parole come quelle di una volta – “vogliamo dare l’assalto al cielo”, “vogliamo la luna”, che aprono l’immaginazione affettiva di un popolo che vive la propria triste miseria ad un progetto di futuro ideale dove saranno guariti i mali che affliggono il corpo e intristiscono l’anima. 

Questa idea bislacca, frutto dell’incomprensione politica di ciò che accade, che gli italiani siano alla ricerca disperata di una normalità narcotizzante è totalmente fuori dalla realtà. I siciliani, come credo anche gli italiani, non vogliono essere ingannati sui terribili rischi del futuro, ma chiedono verità e impegno personale.

Sbaglia totalmente chi pensa che si possa governare un Paese interpretando soltanto gli interessi senza capire che nel profondo dello spirito collettivo c’è sempre un grande bisogno di idealità che diano il senso di poter sperare in un diverso futuro. Il dato obiettivo è che l’insieme dei partiti, presenti anche sulla scena nazionale, non riesce ad intercettare questi bisogni di mutamento radicale.

È chiaro che Grillo non è la medicina alla grave malattia che ha colpito il nostro Paese nei sentimenti profondi del popolo verso la politica, ma nessuno può più pensare dopo queste elezioni siciliane che basta soltanto un efficace antinfiammatorio. L’incendio è in corso.