La mappa dell’Italia cambia faccia. Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge sul riordino delle province. Ora è davvero ufficiale e le province passano quindi da 86 a 51. Una manovra che il ministro della pubblica amministrazione e funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi oggi in Consiglio dei Ministri, ha definito “irreversibile” e da gennaio verranno meno le giunte provinciali: la riforma sarà attiva dal 2014 ma, fra un anno esatto, nel 2013 dovrebbero svolgersi le elezioni per eleggere i nuovi vertici. I criteri sono quelli già resi noti circa un anno fa: l’eliminazione delle province che hanno un’estensione territoriale inferiore ai 2500 chilometri quadrati e che hanno meno di 350mila abitanti. Debutto per le dieci città metropolitane, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, Roma, Torino, Milano, Venezia, comunque, comprese nel computo delle 51 province. Restano invariate le province delle regioni a statuto speciale, alle quali la legge sulla spending-review aveva già concesso sei mesi di tempo supplementari, sebbene, fanno sapere da Palazzo Chigi che la Sardegna si stia già muovendo mentre per la Sicilia si dovrà attendere per via della preparazione e lo svolgimento delle ultime elezioni che hanno interessato i vertici della regione. Le province nuove di zecca continueranno ad avere un consiglio e un presidente ma diventeranno “enti di secondo livello” con competenze su aree molto più vaste in materia di: classificazione e gestione delle strade provinciali, regolazione della circolazione stradale, programmazione della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica per le scuole secondarie di secondo grado, pianificazione territoriale e valorizzazione dell’ambiente, pianificazione dei servizi di trasporto. Un decreto legge che non piace a molti e che ha suscitato polemiche, proteste e anche ricorsi: “Alcuni già ci sono stati- ha sottolineato Patroni Griffi- noi andiamo avanti con il nostro timing perché crediamo nella legittimità degli atti. Ovviamente come ogni atto in questo Paese, sono soggetti a un sindacato giudiziario”. L’Esecutivo, dunque, procede a testa sebbene comincino le prime defezioni. 



Stamane ha ufficialmente presentato le sue dimissioni la presidente della provincia di Asti, Maria Teresa Armosino facendo seguito a quelle del presidente della provincia di Chieti, Fabio Melilli, quelle di Roberto Simonetti in quota Lega e a capo della provincia di Biella, solo per citarne alcuni. Maretta anche in Lombardia, dove i primi cittadini di Varese e Monza Attilio Fontana e Roberto Scanagatti hanno scritto al ministro per la Pubblica amministrazione e semplificazione Filippo Patroni Griffi per manifestare il loro dissenso sull’ipotesi di inclusione del capoluogo brianteo nella Città metropolitana di Milano. “Abbiamo avuto notizia – hanno scritto i due sindaci – di un’iniziativa sostenuta dal presidente di Regione Lombardia volta a includere la Provincia di Monza e Brianza nella città metropolitana milanese, escludendola dalla nuova provincia con Como e Varese. Questa proposta non incontra il consenso né di Monza né di Varese”.

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