Le Regioni italiane andrebbero abolite. Ne è convinto Giuseppe Vegas, presidente della Consob, che in una recente intervista rilasciata all’Adnkronos ha dichiarato che, visto che gran parte della spesa regionale è destinata alla sanità, “sarebbe più facile farla gestire a livello centrale, in modo da garantire a tutti lo stesso trattamento”. Le Regioni, ha quindi aggiunto Vegas, non dovendo far più la maggior parte della spesa “potrebbero essere semplicemente cancellate”. Le parole del presidente dell’autorità di vigilanza arrivano a distanza di poche ore dalla nota diffusa dai governatori al termine della Conferenza delle Regioni, i quali si dicono soddisfatti dei contenuti del decreto legge che il Consiglio dei ministri approverà oggi con l’obiettivo di ridurre i costi della politica locale. L’esecutivo ha intenzione di uniformare la spesa dei gruppi consiliari, sulla base di criteri omogenei, “eliminando i benefit sotto qualsiasi forma e riconoscendo esclusivamente il finanziamento delle spese riferite alle funzioni politico-istituzionali dei gruppi”. Tali spese, si legge ancora nel comunicato, “devono essere sottoposte al controllo della Corte dei conti garantendo la piena trasparenza”. IlSussidiario.net ha contattato Enrico Buglione, dirigente di ricerca dell’Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie “Massimo Severo Giannini” (Issirfa-Cnr).
Come giudica le parole di Vegas?
La sanità è ormai competenza fondamentale delle Regioni quindi, togliendo questa spesa, effettivamente resterebbe ben poco. Sono però dell’idea che, tutto sommato, fatta eccezione per il deficit di alcune Regioni, l’amministrazione della sanità in molti casi abbia dato buona prova di sé. In fin dei conti il sistema sanitario continua a funzionare.
Crede che le Regioni debbano essere abolite?
No, credo piuttosto che debba essere rafforzato il loro ruolo di programmazione e di coordinamento, in particolare nei confronti degli enti locali, cosa che la legge di riforma del federalismo fiscale per molti aspetti promuove. Il problema è che niente di ciò è stato attuato.
Si spieghi meglio.
Un soggetto di coordinamento dell’azione degli enti locali è una soluzione a mio avviso efficace, tra l’altro già presente in molti Paesi federali dove è proprio il livello intermedio, come le Regioni in Italia, ad essere il punto di riferimento degli enti locali e non direttamente lo Stato. Questo rende senza dubbio molto più agevole la gestione di ogni aspetto, compreso il coordinamento della finanza pubblica.
Cosa si perderebbe invece tornando al centralismo?
Sarebbe il fallimento del federalismo e di quella sperimentazione a scala locale di innovazioni che, nel caso in cui risultino produttive, potrebbero essere esportate nel resto del Paese. La gestione regionale della sanità, per esempio, permette che questo accada e in molti casi sono state trovate soluzioni realmente valide. Inoltre fino ad ora vi è stata una collaborazione tra Stato e Regioni che ha prodotto risultati interessanti.
Per esempio?
Per fare un esempio, credo che i piani di rientro del deficit, attualmente in corso d’attuazione in molte regioni, siano una chiara dimostrazione di responsabilità e di volontà di collaborazione con il governo centrale. E’ ovvio che i deficit esistono comunque, ma anche perché l’azione del governo taglia sulla sanità per contenere la spesa pubblica, lasciando le Regioni a doversi necessariamente confrontare con i bisogni dei cittadini.
Quali sono altre azioni previste dalla legge di riforma del federalismo fiscale che non sono state attuate o che comunque sono in ritardo d’attuazione?
E’ interessante il decreto d’attuazione sui sistemi e i meccanismi premiali delle Regioni. Questo prevede tra le altre cose la relazione di fine mandato del presidente della Regione e dei presidenti di Provincia, uno strumento di informazione per i cittadini senza dubbio molto utile.
Una relazione sull’intero operato?
Esatto, da presentare al termine del mandato. Un documento per dimostrare quanto si è fatto, controllato da appositi organismi, con cui i cittadini possono informarsi su come si è svolta l’amministrazione e su cui possono dare un giudizio ragionevole, basato non solo sul sentimento politico. Sono queste le cose che a mio giudizio dovrebbero essere in cima alla lista delle priorità. Gli elementi ci sono tutti, l’importante è renderli attuali e funzionanti.
Quanto è realisticamente possibile che i confini delle Regioni italiane vengano rivisti?
Rivedere i confini delle Regioni è un’operazione certamente complicata. E’ vero che esistono Regioni piccole che, eliminando quel sistema di finanziamento che spesso premia la piccola dimensione degli enti, forse verrebbe spontaneo accorpare sulla base di una valutazione economico-finanziaria. Sono però dell’idea che non possiamo abolire delle Regioni senza averne completamente sperimentato le potenzialità che, finora, non sono potute emergere per una serie di motivi. Ripeto: le premesse affinché le Regioni possano lavorare meglio esistono e possono essere valorizzate, quindi abolirle adesso mi sembra quantomeno prematuro.
(Claudio Perlini)