Non l’ha presa bene, Matteo Renzi. Un colpo basso che, tutto sommato, prima o poi sapeva che sarebbe arrivato. Ma non così forte. Almeno dal suo punto di vista. «Se hanno paura è meglio che le primarie non si facciano», ha sbottato riferendosi alla bozza contenente le nuove regole per le primarie, redatta dalla dirigenza del Pd e che sarà vagliata dall’assemblea democratica di sabato. Se saranno ratificate, potrà competere solo chi dispone di almeno 90 delegati dell’assemblea, e 17mila firme; inoltre, solo chi si iscrive nel registro degli elettori del centrosinistra a partire da una settimana prima del voto potrà esprimere le proprie preferenze. E’ ipotizzato, infine, un doppio turno ritenuto dai renziani particolarmente penalizzante. Scatterà il secondo turno, infatti, se al primo nessuno otterrà almeno il 50% dei consensi e non il 40% come si era in precedenza ipotizzato. Nel frattempo, Antonio Di Pietro, ha annunciato che anche lui potrebbe fare parte della partita. Abbiamo chiesto ad Alessandro Amadori, fondatore e direttore di Coesis Research e  politologo quali scenari si prefigurano.



Nell’ipotesi finora più verosimile, in cui a scontrarsi saranno Bersani, Renzi e Vendola, quanto potrebbe prendere ciascuno?

Molto dipenderà dalla platea di votanti. Se sarà, prevalentemente, interna al Pd, tenderei a confermare i risultati previsti dal sondaggio Ipr per il Tg3 (Bersani al 39%, Renzi al 34% e Vendola al 18%). Se, invece, la popolazione si allargasse, sia sul fronte dei vendoliani che su quello degli indipendenti del centrosinistra, ci potrebbero essere sorprese.



Quindi?

Mi aspetterei un posizionamento minoritario di Vendola, attorno al 25%. Il restante 75%, invece, se lo spartirebbero pressoché alla pari Renzi e Bersani. Entrambi otterebbero, quindi, circa il 37-38% dei consensi.

Da dove nasce il pronostico?

A differenza delle altre volte, quando la spinta più innovativa era identificata in Vendola, l’elemento di novità si trova all’interno dello stesso Pd, ed è rappresentato da Renzi. Il quale può essere ritenuto, a oggi, un fattore decisamente più rivoluzionario e di scardinamento degli equilibri di quanto non lo sia il leader di Sel. Addirittura, gli stessi elettori di Sel, in questa occasione, potrebbero votare Renzi.



Pur considerandolo “di destra”?

Sì, perché gli elettori sono stanchi a tal punto dell’establishment che potrebbero prodursi singolari fenomeni di convergenza. L’importante, per loro, è far saltare gli equilibri. E Renzi, in questo scenario, potrebbe rappresentare un cosiddetto “attrattore caotico”. Può, cioè, catalizzare i voti dei segmenti non tradizionali della sinistra, intercettare gli scontenti di destra e dar vita ad un cocktail inedito. Contestualmente, inoltre, mentre Vendola rappresenta esclusivamente la proposta alternativa, Renzi incarna sia l’”alternativo” che il tradizionale.

Tutto dipende, quindi, dalla composizione delle regole

Esatto. Restringendo il campo al Pd, vincerà Bersani.

Cosa potrebe accadere se si mantenesse la platea allargata, ma si introducesse il doppio turno?

Nel secondo turno, di norma, si indebolisce il voto d’opinione e si rafforza quello d’appartenenza. Avendo il Pd un apparato piuttosto robusto e costituito prevalentemente dalla dirigenza tradizionale, potrebbe, con ogni probabilità risultarne avvantaggiato Bersani.

Di Pietro ha detto che se le primarie saranno di coalizione, anche lui vi prenderà parte.

In questo caso, parliamo di un elettorato allargato dove, verosimilmente, al netto di quanto avverrà effettivamente in campagna elettorale, i rapporti di forza dovrebbero essere, in teoria, i seguenti: Bersani al 35%, Renzi al 30%, Vendola al 20% e di Pietro al 15%. Come si può notare, la candidatura del leader dell’Idv non si contrapporrebbe all’elettorato di Bersani. Il leader del Pd, infatti, dispone di un suo elettorato classico che non sente la fascinazione dei nuovi player; Vendola e Renzi, invece, si contendono i “nuovi mercati”, così come, del resto, Di Pietro.

Nel caso di un secondo turno, come potrebbe evolvere la situazione?

In tal caso, parte dei voti che nel primo sono andati a Di Pietro potrebbero riversarsi su Renzi.

Crede che le nuove regole siano state dettate dal timore di Bersani di essere raggiunto o superato da Renzi?

Non credo che si tratti di regole ad personam, quanto del timore che la situazione sfugga di mano e che l’ibridazione della popolazione elettorale risulti eccessiva.

A competere per la guida del centrosinistra ci saranno anche, in ogni caso, Laura Puppato, Sandro Gozi e Bruno Tabacci

Non credo che nessuno di questi supererà l’1%.  

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