Il governo intende realizzare una riforma del Titolo V della Costituzione relativo alle competenze di Stato e Regioni. L’obiettivo è eliminare le sovrapposizioni all’origine di diversi contenziosi di fronte alla Corte costituzionale. E’ quanto affermato mercoledì sera dal premier Mario Monti, in occasione della conferenza stampa a Palazzo Chigi al termine della seduta del Consiglio dei ministri. Ilsussidiario.net ha intervistato il professor Alessandro Mangia, docente di Diritto costituzionale all’Università Cattolica di Piacenza.
Professor Mangia, condivide la proposta di modificare il Titolo V?
La mia prima reazione, se devo essere franco, è “oddio, ancora!”. Ancora discorsi sulla riforma delle Regioni e sulle competenze …
Il problema delle contrapposizioni sulle competenze esiste realmente?
Più che altro esiste un enorme interrogativo: che cosa fanno e a che cosa servono oggi le Regioni? Soprattutto in un momento di polemica accesa, come quella di questi giorni, in seguito allo scandalo Fiorito. Per non citare l’inchiesta sul presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, e le vicende relative alla Lombardia.
Che cosa sta avvenendo?
In questo momento all’ordine del giorno c’è la delegittimazione delle classi politiche che reggono le amministrazioni locali. Il problema più complessivo è la qualità della nostra classe politica. Dopo che nel 1992 è stata completamente distrutta, oggi è venuto il momento in cui i nodi vengono al pettine.
Si riferisce a Tangentopoli?
Sì, e oggi mi sembra di assistere a un film già visto allora. Anche nel 1992, come oggi, era in corso una crisi finanziaria indotta dall’esterno e connessa al debito pubblico. E’ lì che è iniziato lo smantellamento della classe politica e la costruzione di un diverso sistema dei partiti. E’ naturale che in queste fasi tutto si accentri sulla corruzione e sulle spese. Se siamo nell’attuale situazione, i motivi risalgono a 20 anni fa.
Qual è l’importanze delle Regioni per il tessuto economico del nostro Paese?
Per rispondere alla crisi economica le Regioni non hanno fatto nulla, anche perché non avevano soldi da spendere. Ovviamente la situazione non è uguale ovunque. In una parte del territorio nazionale le Regioni funzionano perché è presente una classe politica o amministrativa di una certa qualità. In altri casi le Regioni sono soltanto dei pozzi senza fondo.
Sono soltanto una fonte di sprechi, come sostiene qualcuno?
Per quanto riguarda le competenze delle Regioni ci troviamo in una situazione paradossale. Intanto abbiamo a che fare con una riforma affrettata e malfatta, come è stata quella relativa al Titolo V della Costituzione. Almeno l’80% dei bilanci di ogni Regione è impegnato dai costi della sanità. Che bisogno c’è dunque di tutto quell’apparato di autonomia politica e garanzie? Le Regioni sono state ridotte ai Consigli regionali e le giunte a strutture politiche che di politico hanno solo la gestione della sanità …
Allora ha ragione Monti a proporre una riforma …
Purtroppo per cambiare la realtà del nostro Paese non basta modificare la Costituzione realizzando una mera operazione di facciata. Anche perché la situazione è tale che non vale neanche la pena metterci mano.
Qual è quindi la sua proposta?
Avviare una riflessione sulla qualità delle classi politiche locali. E’ questo il vero problema, modificare la Costituzione non aiuterebbe a risolverlo. E il motivo è che esiste una grande differenza tra quanto afferma il testo del 1948 e ciò che viene realizzato oggi sulla sua base. Non si può chiedere alla Costituzione di compiere ciò che dovrebbe fare la politica, in quanto si tratta di due cose diverse.
E’ un discorso alla Beppe Grillo …
Niente affatto. Si badi bene, io non voglio colpevolizzare la politica in quanto tale, né associarmi alla spaventosa operazione di delegittimazione cui stiamo assistendo oggi. La responsabilità è la situazione che si è creata nel 1992 e che ci ha consegnato questa classe politica.
Perché prendercela con Tangentopoli, quando è la Costituzione a riconoscere un’autonomia assoluta alla magistratura?
Gli eventi del ’92 non sono stati legati all’operato di una magistratura che è andata per conto suo, ma allo smantellamento di un sistema di partiti che si preoccupava di creare personale politico, di educarlo, di farlo arrivare in Parlamento solo dopo una lunga esperienza in Comuni, Province e Regioni. Tutto questo da 20 anni non si fa più.
(Pietro Vernizzi)