Basta col Pdl. Pure quella è un’esperienza archiviata. Berlusconi ne è stufo da mesi. Da tempo percepisce la sua creatura come un’entità a lui aliena. Dettagli, tutto sommato, superabili. Non fosse per il fatto che, alle tristi suggestioni che il partito gli suscita, si è aggiunto un dato oggettivo incontrovertibile: l’attuale formazione, alle elezioni, ne uscirebbe disastrata. Ai fedelissimi avrebbe annunciato l’intenzione di annullarla, per fondarne una nuova. Una nuova per davvero. Nessun repulisti, ha promesso: ma un cambiamento, a tutti i livelli, ci sarà, eccome. Dalla dirigenza, ai contenuti programmatici. Pare che questa volta non salirà su un predellino per annunciare teatralmente che si è inventato un nuovo prodotto (cui seguì, ai tempi, una semplice fusione a freddo). Sarà, dicono, una cosa seria, studiata nei minimi termini. Addirittura, sembra che in questi giorni si stia confrontando con alcuni forzisti della prima ora, per recuperare lo spirito dell’epoca: Antonio Martino, Claudio Scajola, persino Pisanu. Abbiamo chiesto ad un altro forzista della prima ora, l’ex ministro della Cultura, Giuliano Urbani, cosa ne pensa.  



Come valuta l’ipotesi di un nuovo Pdl?

Mi pare evidente che, se vogliono rifondarlo, non sono soddisfatti dell’attuale. E si capisce bene il perché: il disamore generalizzato per i partiti in seno all’opinione pubblica, e la stoccata finale derivante dallo scandalo laziale hanno indotto a pensare che, forse, fosse il caso di voltare pagina.



Come?

Tanto per cominciare, non è più tempo di semplici operazioni di restyling né di maquillage. I partiti sono privi a tal punto di credibilità e credito che occorre una rifondazione vera e propria. E’ necessario offrire qualcosa di realmente nuovo.

Cosa?

Anzitutto, un programma. E, poi, del personale politico credibile.

Adesso non c’è?

Ci sarà anche. Ma mi pare evidente che sia insufficiente o nascosto. Andrebbe rinnovato, quantomeno, per arricchimento. Lasciare tutto uguale e cambiare il nome, per esempio, sarebbe controproducente. La gente si renderebbe conto di esser presa in giro.  



La dirigenza, invece, andrebbe azzerata?

Diciamo che dovrà esserci una radicale componente di novità. In grado di attrarre gli elettori. Quindi, leader autorevoli. Autorità deriva dal latino augeo, accrescere; ovvero, l’elettore deve, in qualche modo, sentirsi arricchito dal candidato che vota. Personaggi, quindi, che il cittadino decide di seguire per la loro forza, la loro intelligenza o la loro cultura. Per usare una celebre espressione americana, persone per le quali si risponderebbe affermativamente alla domanda: “comprerebbe un’auto usata da questo signore?”. Dove poi vengano reclutati, è del tutto indifferente: università, professioni, istituzioni e via dicendo. Anche l’età è un fattore del tutto ininfluente anche se, ovviamente,  a parità di capacità, meglio un giovane.

L’europarlamentare Mario Mauro si è detto convito del fatto che Berlusconi abbia esaurito la propria carica propulsiva, e che senza un nuovo leader il centrodestra è da ritenersi un’esperienza conclusa

Credo semplicemente che se Berlusconi intende continuare a occuparsi di politica, non potrà più farlo nel ruolo del centravanti; ma dovrà interpretare quello del regista.

Come va scelto il nuovo leader? Con le primarie?

Le primarie lasciamole agli americani. In Italia sono e saranno sempre una farsa.

E allora, chi decide?

Può sceglierlo anche il regista. Se poi la sua scelta sarà stata intelligente e adeguata, avrà un seguito. Altrimenti, semplicemente, si rivelerà un insuccesso.

Sul fronte del programma, invece, come dovrebbe connotarsi il nuovo Pdl?

L’unica cosa che deve fare da questo punto di vista, è avanzare una proposta seria di governo del Paese rispetto ai suoi problemi insoluti. Primo tra tutti, il debito pubblico, il pagamento degli interessi sul quale impediscono qualunque genere di investimenti, in sviluppo, lavoro o infrastrutture. Di ricette, in tal senso, ne circolano. Sarebbe interessante capire quella che il nuovo partito intenderà sposare. Tanto più che, a seconda della prospettiva assunta, si comprenderà anche come si configurerà il rapporto con l’Europa.

A questo punto,  dovrà anche decidere che posizione assumere nei confronti di Monti e della sua agenda

Non credo che Monti rappresenti un problema, anzi. E’ una risorsa. Lui, d’alto canto, si è detto disponibile a proseguire l’esperienza iniziata. Per questo, tuttavia, è necessario che ci sia, a prescindere dalla legge elettorale, una maggioranza parlamentare che gli consenta di governare. Permettendogli di completare realmente il percorso iniziato. Per intenderci: la riforma del mercato del lavoro, tra veti parlamentari e sindacali, ammonta a un 10% delle intenzioni iniziali.

Crede che la nuova creatura politica potrebbe richiedere esplicitamente un Monti bis e l’istituzione della grande coalizione?

L’accordo che si raggiungerà, ovvero lo strumento, mi lascia del tutto indifferente rispetto alla possibilità di chiedere a Monti, o a chi per lui, di governare.

Come la mettiamo con la questione morale?                                               

La corruzione si risolverebbe semplicemente se lo Stato e la politica facessero cento passi indietro rispetto alla società. Ovvero, ritirandosi da tutti quei luoghi, quelle esperienze o quelle iniziative in cui i cittadini sono perfettamente in grado di fare da soli.

 

 

(Paolo Nessi)