Dopo l’assemblea nazionale del Partito democratico, dopo le varie polemiche e anche i duri contrasti, dopo la soddisfazione di Pier Luigi Bersani, la sensazione è che all’interno della sinistra, alla fine, sia in corso una “partita a tre” con molte incognite per il futuro. Ieri Nichi Vendola, Governatore della Puglia, leader della Sel, terzo incomodo nelle future primarie della coalizione di sinistra, ha lanciato alcune frecciate al “rottamatore” Matteo Renzi, il sindaco di Firenze. Intervistato da Maria Latella a Sky Tg24, ha detto: «In Renzi c’è una marcata adesione a modelli culturali di certa sinistra al modello liberista che io penso debbano essere rottamati. Occorre rottamare la subalternità di certa sinistra al modello liberista che sta scorticando l’Europa». Sempre il leadr della Sel non ha risparmiato di seminare alcuni dubbi sulla spesa delle primarie di Renzi. Peppino Caldarola guarda con dubbi e realismo a tutto quello che si sta svolgendo nel Pd.



Innanzitutto, come giudica questa polemica tra Vendola e Renzi?
A mio parere stanno facendo un gioco delle parti. Vendola ha bisogno di Matteo Renzi per dimostrare che la sinistra ha perso completamente la sua identità. E’ come se lo dipingesse come un incursore del nemico esterno. A Renzi, Vendola fa comodo, per dimostrare che esiste una sinistra antica che non abbandona i suoi schemi antichi.



Nel complesso come giudica l’andamento del Pd e delle future primarie di coalizione?

Io vedo un clima contraddittorio. Da un lato mi sembra di vedere una battaglia vera, di idee, di linea politiche, un confronto vero. Dall’altro ho la sensazione che ci sia come una “lotta tra branchi”, dove chi è sconfitto abbandona i ranghi. E’ come il leone sconfitto che se va, che si ritira. Alla fine viene fuori un’immagine del Partito democratico che mi appare fragile e credo che appaia fragile soprattutto all’elettore. Non è un caso che sembra di cogliere sempre un’altra sensazione: quando nel Pd si discute si avverte quasi sempre il rischio di una scissione.

Però c’è stata una legittima soddisfazione di Bersani dopo l’Assemblea nazionale



Certamente, ma la sensazione di fragilità si coglie sempre. Io credo che alle primarie Bersani vincerà per una manciata di voti, ma poi avrà il problema di governare il Paese.

Può spiegare meglio

Allora, non c’è dubbio che Matteo Renzi sarà un “grande secondo”. Attribuisco adesso una manciata di voti di vantaggio a Bersani, ma qualche settimana fa credevo che avrebbe vinto molto più facilmente. Guardo invece le primarie di Renzi e vedo che c’è una partecipazione di persone incredibile, con numeri impensabili fino a qualche tempo fa. Il personaggio è popolare e vanno in tanti ad ascoltarlo. E’ evidente che questo concetto di “rottamare” la vecchia classe dirigente della sinistra fa presa sulle persone. E’  largamente condivisa, da ampi strati di popolazione italiana, che è meglio il nuovo di qualsiasi usato sicuro del passato. Questo anche nella sinistra. Probabilmente è un fenomeno normale date le condizioni complessive della classe politica italiana, anche se il Pd resta quanto meno ancora un partito, l’unico partito visto le condizioni della destra.


Poi, lei diceva che c’è il problema delle lezioni e di governare il Paese.

Qui ritorniamo alla fragilità del Pd. Nonostante sia l’unico partito in questo panorama politico, alla fine vincerà le elezioni  ma al massimo, con la coalizione, può arrivare a un 35 percento. Io mi ricordo quello che diceva Enrico Berlinguer, che non si poteva governare un Paese con il 51 percento, come si fa a farlo con il 35 ? Questo è il vero problema di fondo.

Quindi che cosa ci aspetta?

A mio avviso altri cinque anni di Governo Monti, che possono essere altri cinque anni di commissariamento della politica italiana. Del resto Bersani, per senso di responsabilità nazionale, non può dire no alla linea di Monti e dagli altri esponenti della sinistra emergono posizioni confuse. Alla fine, io credo che si assisterà a un nuovo governo Monti con un ricambio dell’attuale classe dirigente, anche se non in modo traumatico come nel 1992.

 

(Gianluigi Da Rold)

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