Anche per l’Italia dei Valori è iniziato il processo di scissione e disfacimento. L’uscita di scena due esponenti di spicco come Massimo Donadi, ormai ex capogruppo alla Camera del partito, e Aniello Formisano non può di certo essere derubricata a semplice defezione. Né tantomeno si può sottovalutare il fatto che, a quanto sembra, centinaia di amministratori locali e dirigenti siamo disposti a seguire i due nella loro impresa. Non a caso, a poche ore dalla comunicazione della loro decisione di lasciare l’Idv, a ruota Fabio Evangelisti si è dimesso da deputato, vice-capogruppo dell’Idv e coordinatore in Toscana, anche se, formalmente, non  ha ancora lasciato il partito. E’ proprio Donadi a spiegarci, ora, quali prospettive si prefigurano.



Perché, anzitutto, ha lasciato l’Idv?

Per una serie di ragioni squisitamente politiche, che non nascono adesso, ma da almeno sei mesi, quando ho iniziato a dire pubblicamente quello che penso. Tanto per cominciare, l’Idv, da almeno un anno, ondeggia quotidianamente tra la foto di Vasto (Pd-Sel-Idv), quella del Palazzaccio (sinistra radicale-Fiom), la tentazione di una corsa solitaria e gli occhieggiamenti a Grillo. Il tutto, senza logica, coerenza e progettualità. Il partito, inoltre, ormai da tempo, è diventato del tutto irrilevante sul fronte di qualsivoglia rapporto o tema politico Negli ultimi sei mesi, ha perso tra il 50 e il 60% dei suoi voti, mentre con il voto in Sicilia ha perso qualsiasi possibilità di tornare in coalizione con il centrosinistra. Non ha voluto correre con l’Udc per poi infarcire le liste di personale politico proveniente dal mondo di Lombardo e Cuffaro. C’è una totale confusione, a fronte della quale è mancata del tutto qualunque volontà di ripensamento o discussione politica.



E Report?

Ho convenuto con Di Pietro sul fatto che gran parte dei fatti riportati non corrispondessero a verità. Tuttavia, un problema è stato posto. Ne sarebbe dovuto conseguire un momento di riflessione per rilanciare la trasparenza del partito.

E invece?

Nulla. Oltretutto, nell’ultimo incontro chiarificatore con Di Pietro, dove ho esposto per l’ennesima volta tutte le mie perplessità, mi è stato risposto che tutto andava bene, che non c’era nulla da cambiare e che non occorreva alcun atto di discontinuità. L’ultimo anno è stato un antologia di errori di tutto quello che non va fatto in politica. Non da ultimo, il forsennato e ingiustificato attacco continuo al presidente della Repubblica.



Tutto questo, da cos’è dipeso?

Non tanto da Di Pietro, quanto dal modello di stampo padronale del partito; un modello che, nella politica italiana, fatto eccezione per il Pd, è quello più tipico. Per 20 anni, infatti, partiti come il Pdl, l’Udc, e la Lega, ciò che maggiormente ha contato è stato assecondare in tutto e per tutto il leader. In tali circostante, quando qualcuno prova a dissentire, scattano le reazioni della “corte”, come in questi giorni, in cui io e Formisano siamo stati definiti «traditori», «scorie», «escrementi».

In cosa consiste il nuovo progetto politico a cui vuol dar vita con Formisano?

Tra ieri e oggi, appena il tempo di annunciare la mia uscita dal partito, sono stato contattato da circa 300 dirigenti e amministratori dell’Idv che intendono aderire. L’ipotesi è quella di creare un soggetto politico autonomo, che non sia collaterale a nessuno, ma saldamente ancorato nel centrosinistra. Non ci sfugge che l’impresa sia ardua e i mezzi pochi. Ma siamo convinti della bontà dell’idea, dato che oggi come non mai il centrosinistra ha bisogno di essere arricchito.  

Da cosa?

Da un partito che contribuisca con valori quali una concezione non giustizialista della giustizia, l’etica pubblica, la trasparenza, la lotta ai conflitti di interessi, il rispetto delle regole. Tutti i contenuti tipici della sinistra liberale, in grado di liberare le energie del Paese e di premiare il merito. Se il dialogo con il Pd sarà proficuo, siamo convinti di poter dar vita ad un processo di federazione. E di intercettare alcune esperienze presenti nel centrosinistra che non hanno ancora trovato piena rappresentanza politica, quali il civismo o le associazioni come Libertà e Giustizia.

 

(Paolo Nessi)