Il ministro dell’Interno, Cancellieri, ha infine stabilito la data per le elezioni regionali. I cittadini di Lombardia, Lazio e Molise saranno chiamati alle urne il 10 e 11 febbraio. La Cancellieri ha incontrato la Polverini e invitato i prefetti di Milano e Campobasso a indire i comizi elettorali. A questo punto, non resta che la polverini firmi il decreto con cui saranno indette le elezioni nella data stabilita dall’Interno. Difficilmente potrebbe impuntarsi e optare per un’altra data. Tanto più che, di recente, ha continuato a manifestare le intenzioni e la volontà di andare a elezioni il prima possibile. Il problema, in ogni caso, potrebbe porsi perché la legge prevede che nel Lazio sia il presidente uscente a stabilire la data delle elezioni. Tuttavia, pare che l’accordo sia stato trovato, dato che la stessa Polverini lo ha annunciato su Twitter. «Trovata intesa sul voto», ha fatto sapere l’ex sindacalista, spiegando, oltretutto: «Come promesso confermo la mia volontà di votare per 50 consiglieri invece degli attuali 70!». La Polverini, ha inoltre, fatto presente che «come ho sempre detto il buon senso ci impediva di chiamare i cittadini alle urne nel periodo delle festività natalizie anche per consentire lo svolgimento regolare delle operazioni che precedono il voto e, soprattutto, la massima partecipazione alla campagna elettorale così come vuole la democrazia e la legge». L’ipotesi di votare a Natale, per la governatrice, altro non era se non una richiesta strumentale e demagogica. In ogni caso, era stato il Tari, in mattinata, a dare un ultimatum. Una scadenza improrogabile entro la quale stabilire la data. Secondo il Tribunale amministrativo, in particolare, avrebbe dovuto decidersi entro venerdì. L’eventualità di votare entro gennaio, ai primi, possibilmente, era sfumata, dato che ci sarebbe stato tempo per presentare le liste solo fino al 20 dicembre. Ora ci sarà tempo fino al 10 gennaio. Se la Polverini non si fosse pronunciata sulla data delle urne, sarebbe dovuto intervenire il ministro dell’Interno in maniera forzosa.
A chi gli ha fatto presente che, dalle sue dimissioni sono passati già 50 giorni,ha ricordato i caso Marrazzo: allora, infatti, di giorni ne passarono addirittura 174.