Lo ha detto, lo hanno sentito tutti.  Dal palco dell’Italy Summit promosso dal Financial Times a Milano, il premier Monti ha detto: «Vorremmo introdurre una tassa generalizzata sui patrimoni, ma non avendo gli strumenti non vorremmo favorire l’allontanamento dei capitali». Poi, ha aggiunto che non si tratterà di un “blitz”.  Ovvero, «non verrà introdotta nottetempo, ci sono passi che stiamo facendo». Poche ore dopo, con una nota emanata delle presidenza del Consiglio, si è rimangiato tutto. Secondo il comunicato, infatti, Monti «non ha affatto annunciato un intervento di tassazione sui patrimoni» né ci sono le condizioni per intervenire in tal senso. Quel che è certo, è che se mai il Pd dovesse andare al governo, la introdurrà, così come prevede il suo programma. Il suo tesoriere, Ugo Sposetti, ci spiega cosa ne pensa delle dichiarazioni del premier.



Perché Monti si è rimangiato quanto detto poche ore prima sulla patrimoniale?

Cosa devo dirle? Contro la tassa sui patrimoni c’è un sentimento di avversione piuttosto diffuso. Non solo da noi. Pensi a Obama: ha rivinto le elezioni, viene osannato a destra e a manca, ma non appena afferma che i ricchi debbano pagare più tasse il trasporto nei suoi confronti si arresta. Lo stesso è accaduto a Mario Monti. D’altro canto, una patrimoniale nascosta l’ha già introdotta. Anzi, due: ma mascherandone il nome, chiamandole Imu e bollo sui conti deposito.



Il suo partito, invece, nel programma la prevede esplicitamente.

Perché, semplicemente, è giusto che chi ha di più paghi di più. Non è possibile trascinarci fuori da questa situazione continuando a far pagare sempre le stesse categorie. Continuando, cioè, a tartassare i lavoratori dipendenti e i pensionati.

Non crede che l’introduzione di una patrimoniale secca potrebbe determinare la fuga dei capitali come, del resto, lo stesso Monti ha descritto come rischio da scongiurare?

Purtroppo, gran parte dei capitali sono già fuggiti altrove. E, gran parte delle aziende che ancora si trovano in Italia versano in una situazione tale per cui l’applicazione di una patrimoniale non rappresenterebbe di certo il peggiore dei mali.



Ci spieghi meglio.

Migliaia di imprenditori che, nell’immediato dopoguerra, avevano messo in piedi aziende funzionanti, che avevano prodotto benessere e sviluppo, hanno passato troppo spesso il timone a figli o nipoti inadeguati al compito di portare aventi l’impresa di famiglia o del tutto incapaci. Si tratta di un problema tipicamente italiano. E determina una condizione in cui spirito d’impresa del nostro Paese va progressivamente riducendosi.

 

Quindi? Cosa c’entra questo ragionamento con la patrimoniale?

 

Queste persone non hanno alcun interesse a sacrificarsi e faticare perché l’azienda di famiglia continui a progredire, resistere, o ampliarsi. Perché, semplicemente, godono della fortuna ereditata da padri e nonni e vivono in una condizione di agio che li rende sereni. Ebbene, tassare la ricchezza di queste persone, non solo è giusto, ma non contribuirebbe di certo a penalizzare le imprese che dovrebbero gestire.

 

Non crede, in ogni caso, che l’introduzione di una tassa sui patrimoni potrebbe dare una pessima impressione ai mercati finanziari provocando l’ennesimo innalzamento degli spread?

 

Non direi. Se gli spread sono alti dipende, prevalentemente, dall’entità abnorme del nostro debito pubblico. I mercati internazionali temono la nostra insolvenza in ragione dei circa 2000 miliardi di euro che dobbiamo rimborsare. Per placare definitivamente le aggressioni finanziarie contro l’Italia, occorre quindi ridurre drasticamente il debito.

 

In ogni caso, a chi crede che la patrimoniale andrebbe applicata?

 

Credo che i calcoli per stabilire oltre quali fasce di reddito l’imposta sui patrimoni vada applicata spetti a chi si trova al governo.

 

(Paolo Nessi)