Desireé Digeronimo e Francesco Bretone, i pm che hanno condotto l’inchiesta nei confronti di Nichi Vendola sul caso della sanità pugliese, a seguito dell’assoluzione del governatore hanno scritto una lettera alla Procura di Bari per chiedere maggiore chiarezza sulla presunta amicizia tra la sorella del governatore, Patrizia Vendola, e il giudice Susanna De Felice. Secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano, infatti, i pm hanno comunicato che tra il gup che ha assolto da ogni accusa il leader di Sel e la sorella di quest’ultimo vi fosse “un’amicizia diretta” e la “frequentazione di amici in comune”. I due sono addirittura arrivati a dire che “dopo l’assoluzione che ha smentito in toto l’impianto accusatorio, siamo stati contattati da molti amici e colleghi che ci hanno chiesto come fosse stato possibile che a giudicare il governatore fosse stata un’amica della sorella”. La de Felice, insomma, avrebbe forse dovuto astenersi dal giudicare Vendola, ma così non è stato. IlSussidiario.net chiede dunque spiegazioni al giornalista e scrittore Antonio Massari, firma de Il Fatto Quotidiano e autore dell’articolo riguardante l’intricata vicenda. 



Come mai crede che questa notizia sia emersa solamente dopo l’assoluzione di Vendola?

E’ senza dubbio la domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi, ma prima è necessario aggiungere un ulteriore dettaglio. Per quanto ne sappiamo, infatti, sembra che prima di procedere il giudice De Felice avesse comunque parlato con il proprio superiore, rivelando l’esistenza di rapporti non di amicizia, ma di semplice conoscenza, con Patrizia Vendola con la quale aveva condiviso delle cene.



Ha quindi chiesto se era il caso di procedere o meno?

Esatto. Pur non ritenendolo necessario, il giudice ha chiesto se fosse il caso di astenersi. Il superiore ha quindi sostanzialmente concordato, fornendo l’autorizzazione, ma l’aspetto più bizzarro della vicenda è sicuramente un altro.

Quale?

Che, a quanto pare, è stata proprio la pm Desireé Digeronimo a partecipare insieme al giudice De Felice alle cene con Patrizia Vendola.

Quindi la stessa pm che ha successivamente segnalato la cosa ai vertici della Procura?

Esatto. E qui torna allora la domanda sul perché tutta la vicenda sia stata fatta uscire solo adesso. Come mai la Digeronimo, la quale era al corrente di tutto, ha aspettato l’assoluzione per rendere note queste cene?



Il fatto che Vendola sia stato assolto può aver influito?

Nel caso in cui la sentenza fosse stata sfavorevole a Vendola, probabilmente i pm non avrebbero richiesto un controllo riguardo l’eventuale necessità di un’astensione, ma forse è stata proprio il proscioglimento a farli riflettere. Se però è vero che la Digeronimo era a conoscenza di questi rapporti, tanto che anche lei avrebbe partecipato ad alcune di queste cene, avrebbe potuto certamente porre prima questo problema.

Chiedendo l’autorizzazione al  superiore, il giudice De Felice ha comunque fatto il suo dovere, non crede?

Certo. Dal momento in cui un giudice sceglie di descrivere l’intera situazione al superiore, spiegandogli di essere una conoscente della sorella dell’imputato, pur non ravvisando la necessità di astenersi si sottopone comunque al suo giudizio. Quindi, visto che è stata anche autorizzata a procedere, non credo che si possa dire che la De Felice abbia agito in maniera scorretta. E’ però chiaro che, se il tutto viene reso noto solamente dopo il proscioglimento, vi è un intoppo logico notevole, proprio perché l’intera questione dovrebbe essere di principio e non sottoposta allo svolgersi degli eventi.

Come crede si svilupperà adesso tutta la vicenda?

Innanzitutto credo sia assolutamente necessario fare chiarezza. A un momento di verità giudiziaria, come lo è quello dell’assoluzione, non si può aggiungere uno strascico di sospetti così fitto. Credo però che, se davvero il gup ha chiesto l’autorizzazione a procedere oltreutto ricevendola, tutto il resto probabilmente sarà destinato a cadere. Se il gup avesse omesso le sue conoscenze sarebbe stato certamente diverso e forse saremmo potuti andare più a fondo, ma così non è stato.

 

(Claudio Perlini)