Tra le pieghe della legge di stabilità era nascosta una pericolosa insidia che, almeno momentaneamente, è stata neutralizzata. Era previsto, infatti, l’aumento dal 4% al 10% dell’Iva sulle cooperative sociali. Si era detto che tale incremento sarebbe stato necessario per adeguarsi alla normativa europea. Ma un emendamento approvato in commissione Bilancio e che rimanda la questione al 2014 dimostra che le cose non stanno esattamente in questi termini. L’onorevole piddina Donata Lenzi, prima firmataria di una proposta di modifica che, grazie al successivo contributo dei gruppi parlamentari ha portato l’emendamento a vedere la luce, ci spiega qual era la posta in gioco.



In cosa consiste l’emendamento approvato dalla commissione Bilancio?

Semplicemente nel rinvio dell’innalzamento; per tutto il 2013 non sarà previsto. E nella rimozione dell’adeguamento alla presunta normativa europea. 

Ci spieghi

Era stato detto che sarebbe stato necessario compiere questa operazione per adeguarsi alla direttive europee, equiparando la normativa in materia. Tuttavia, ad oggi, dalle istituzioni comunitarie, sull’argomento, è giunta solamente una lettera in cui si chiedevano spiegazioni. Adeguare la normativa prima che ci fosse richiesto esplicitamente avrebbe significato esporci sin da subito ad un eventuale procedura di infrazione. Così facendo, invece, disponiamo di tutto il tempo necessario affinché l’Italia, in ambito Ue, possa dimostrare la legittimità del nostro sistema di cooperazione.



Per quale motivo si è tentato di adeguarsi in maniera così repentina alle richieste europee, prima ancora che queste richieste fossero avanzate?

Ovviamente, per banalissime ragioni di cassa.

Se l’aumento fosse stato introdotto, cosa avrebbe comportato?

L’aumento dell’Iva dal 4 al 10% sui costi della cooperazione avrebbe comportato, anzitutto, un maggiore carico sul cliente. In sostanza, l’aggravio fiscale si sarebbe ritorto contro il cittadino e, in particolare, contro le famiglie che fanno ricorso ai servizi delle cooperative sociali. O, sul Comune, laddove esso ne usufruisca. Alla fine, oltretutto, per lo Stato si sarebbe trattato di un boomerang.



In che senso?

Lo Stato a causa della crisi, dei tagli e della sempre maggiore carenza di risorse ha sempre più difficoltà nel far fronte alle esigenze del welfare. Per fortuna, c’è chi, come le cooperative sociali, supplisce in parte a tali difficoltà. Se fossero messe in ginocchio, lo Stato si priverebbe di un prezioso alleato e a dovrebbe espletare i servizi che tali coop garantitiscono, con costi decisamente maggiori. Non dimentichiamo, inoltre, che esse assicurano anche occupazione. Non spostano la produzione all’estero e, oltre a offrire servizi per le famiglie, danno lavoro a moltissime persone, soprattutto donne.

Ci riassume i principali servizi svolti dalle cooperative sociali?

Si occupano, prevalentemente, di sostegno ai disabili, di assistenza domiciliare o di assistenza in strutture protette per gli anziani. 

Come vi muoverete in ambito europeo?

Molti Paesi hanno una disciplina che tutela le cooperative sociali. Non si capisce perché l’Italia debba farne a meno. Mi auguro che la Comunità europea giunga a redigere una normativa comune a tutto il territorio, riconoscendo l’importanza e la specificità del terzo settore.

Per il momento l’emendamento è passato in commissione. Passerà anche in Aula?

Presumibilmente, sì. Le forze politiche lo hanno condiviso trasversalmente, e il governo non ha dato parere positivo. 

 

(Paolo Nessi)