«Ora l’Italia è affidabile, ma dopo il voto non lo garantisco»: chi potrebbe derubricare la sortita di Monti di fronte ai potenziali investitori stranieri, mentre era in visita in Kuwait, a semplice gaffe? Certo, il giorno dopo, cioè ieri, dal Qatar, ha corretto il tiro. Dicendo che anche dopo le elezioni «i governi che verranno opereranno nel senso del risanamento e delle riforme». Ma non è che per rendere nulla un’affermazione è sufficiente farne un’altra di significato opposto. Abbiamo chiesto un commento a Piero Sansonetti, direttore de Gli Altri.
Secondo lei, cosa intendeva dire Monti?
Mi sembra che il vero senso della frase suoni più o meno così: “O mi confermate, o siete rovinati”. Più che ai mercati internazionali, si è trattato di un messaggio diretto all’Italia. Una vera a propria minaccia.
Ce n’era bisogno?
No, non direi. Tutti i partiti, infatti, sono in qualche misura subalterni a Monti: con l’Udc che lo è platealmente, e il Pdl e il Pd che lo sono in maniera più velata. In realtà, la vera incognita non è tanto il futuro governo, quanto il fatto che nessuno sa cosa stia accadendo dietro le quinte.
Cosa dovrebbe accadere dietro le quinte?
Beh, un paio di settimane fa a Bruxelles si è riunita la Trilateral commission ove, con ogni probabilità, erano presenti anche Monti e Giuliano Amato (ve lo dò per certo come presidente della Repubblica indicato dalla Trilateral) e quasi sicuramente sono state prese importanti decisioni sull’Italia. Credo che le affermazioni di Monti siano state dettate proprio dalle decisioni assunte dall’organismo.
Napolitano, intanto, al termine di un incontro con i presidenti di Germania a Polonia ha rassicurato sul fatto che i partiti, nonostante le diverse posizioni, «potranno al massimo aggiungere qualcosa e non distruggere quello che ha fatto Monti. Mi pare che questo sia un elemento che possa dare fiducia e tranquillità ai nostri “amici” per il futuro dell’Italia»
Ecco, appunto: ha dato rassicurazioni sul fatto che i partiti sono sulla buona strada per sottomettersi a Monti. Ora, ovviamente – almeno il Pdl e il Pd – trovandosi in campagna elettorale non lo possono dire. Mi pare, tuttavia, che l’intenzione sia questa. Di conseguenza, faranno di tutto per modificare la legge elettorale quel tanto che basta per garantire l’ingovernabilità. Cioè, una situazione in cui, non vincendo nessuno, governeranno tutti. Lo strumento per promuovere questa circostanza è l’introduzione di una soglia per ottenere il premio di maggioranza impossibile da raggiungere.
Il Pdl sa che perderà le elezioni e lo schema gli conviene. Cos’avrebbe da guadagnarci, invece, il Pd?
Non vuole governare perché sa di non essere, in questa fase, in grado di farlo. E, oltretutto, è consapevole del fatto che la minaccia di Monti si potrebbe concretizzare. Attualmente, inoltre, il Pd non mi sembra animato da dei cuor di leone in grado di sfidare Monti e la Trilateral.
Il Pdl, invece, oltre al tentativo di ottenere l’alleanza con la Lega (magari, “regalandole” la Lombardia), quali prospettive politiche ha?
Quella di sopravvivere. Ed è disposto a sacrificare molto per raggiungere questo obiettivo: per confermarsi, cioè, come seconda forza politica e aver il tempo di pensare al futuro.
Nel frattempo, riuscirà rendersi autonomo da Berlusconi?
Di certo, non ora. L’operazione in Lombardia, del resto, rappresenta l’appiattimento del partito sulla linea del fondatore. Forse, il Pdl potrebbe riorganizzarsi dopo le elezioni.
L’operazione di Montezemolo e Riccardi potrebbe realmente contribuire all’ipotesi del grande centro e, di conseguenza, facilitare il Monti Bis?
Per fare un grande centro – che non potrebbe andare oltre al 9% – ci vogliono i voti. Che Montezemolo e Riccardi possano portar via voti al Pd o a sinistra mi pare del tutto impossibile. L’ipotesi del grande centro, quindi, consiste in realtà in una serie di persone che stanno lì, in attesa di compiere un atto di sciacallaggio; sperano, cioè, che il centrodestra si disintegri, e di prenderne i voti. Peccato per loro che, affinché questo avvenga, è necessario che Berlusconi si faccia definitivamente da parte.
(Paolo Nessi)