La convention di sabato scorso “Verso la Terza Repubblica” non è la prima e non sarà l’ultima tappa del cosiddetto cantiere dei moderati. L’enorme incognita che pesa su tutti questi movimenti, la legge elettorale, rende paradossalmente prematuro ogni discorso sebbene la logica faccia dire l’esatto contrario, che il tempo stringe e che siamo al limite per potersi ancora inventare qualcosa. Non si sa ancora come andremo a votare, e non si capisce nemmeno se l’accelerazione avallata dal Quirinale del voto a marzo per le Regionali sia destinata a segnare finalmente la svolta nella eterna e infruttuosa trattativa fra i partiti, o soltanto la precipitazione verso le urne senza paracadute, ossia con questo orrendo sistema di voto.
E dunque, vista l’incognita della legge elettorale, non si capisce nemmeno se le tante velleità in campo sul versante dei moderati – bruttissima parola, ma non esistono sinonimi altrettanto esplicativi – siano destinate a federarsi o a combattere ognuna per sé. Bisognerà infatti vedere se verrà introdotta una soglia di sbarramento e quale, e se verrà dato un premio al primo partito, come chiede il Pd, incentivando le aggregazioni. Nel dubbio i competitor che intendono proporsi al centro dello schieramento pian piano stanno iniziando a mettersi alla prova guadagnando per qualche giorno le prime pagine dei giornali. Tuttavia dopo l’iniziativa dell’Udc a Chianciano a settembre, che lanciò l’idea di una lista per l’Italia incontrando l’adesione di varie personalità del mondo cattolico e di questo governo tecnico, neanche Montezemolo mostra di avere la forza del cosiddetto “federatore”.
Quando ci provò l’Udc, mister Ferrari non aderì e i suoi uomini definirono “docili tonni finiti nella rete” i tanti esponenti che avevano aderito all’iniziativa. Ora che ci ha provato lui ha dovuto registrare a sua volta assenze importanti: nessun ministro, tranne Riccardi, fra quelli potenzialmente interessati; non c’era nemmeno Emma Marcegaglia, non c’era Diego Della Valle, non c’era Oscar Giannino con “Fermare il declino” e c’era solo Andrea Olivero delle Acli (oltre a Raffaele Bonanni in platea) fra gli aderenti al gruppo di Todi, molto prudenti se non freddi nella parte restante.
Più che un problema di contenuti (il discorso di Montezemolo poteva averlo scritto tranquillamente Casini) è un problema di sondaggi, di sopravvalutazione o sottovalutazione dei singoli apporti, a seconda se siano i propri o quelli degli altri. Un po’ come la stucchevole storia della rottamazione che monopolizza il dibattito nel Pd. Ancora una volta, a costo di annoiare, il nodo è la legge elettorale. Posto che entrambi (Casini e Montezemolo) sono per Monti e per continuare la sua agenda e posta la assoluta compatibilità programmatica fra loro, se la legge elettorale consentirà le preferenze o l’alleanza fra liste diverse sarà la libera scelta degli elettori a decidere chi avrà più filo da tessere, attraverso i voti riportati dal singolo candidato o dalla singola lista.
Ma se lo scenario dovesse rimanere quello attuale delle liste bloccate sarebbe davvero problematico mettere d’accordo le diverse anime “tanto a me” e “tanto a te”, io al primo posto e tu al secondo e così via. E poi vi sono tanti altri attori ancora “coperti” che potrebbero essere della partita. Corrado Passera ad esempio lo sarà. Ma se capiamo bene non ha alcuna voglia di fare da reggicoda al presidente della Ferrari che ha scelto di metterci la faccia solo ora, mentre l’ex uomo forte di Banca Intesa i suoi rischi se li è presi già un anno fa, quando lo spread era a livelli da bancarotta, mettendo le mani nella melma, mentre Montezemolo continuava a dispensare le sue ricette perfette e un po’ astratte attraverso il think tank di ItaliaFutura.
C’è poi l’incognita di Todi, il gruppo delle associazioni cattoliche che avrebbe enormi potenzialità però stenta a trovare una vera unità di intenti fra chi vedrebbe come naturale un’alleanza col Pd e chi ritiene imprescindibile un raccordo con un Pdl de-berlusconizzato per vincere la deriva a sinistra valoriale e programmatica.
Ed ecco l’ultima incognita: il Pdl con queste strane primarie (un po’ inutili e un po’ folli) saprà uscire dalle secche fornendo almeno una piena legittimazione ad Angelino Alfano? E questi sarà poi capace, almeno a quel punto, di scelte coraggiose, dopo aver visto con i suoi occhi la scena un po’ patetica del capo che chiude i cordoni della borsa ora che non comanda più lui? Ma se anche lo farà temo che sarà ormai troppo tardi. Casini, Montezemolo e Riccardi hanno infatti dei sondaggi che calcolano l’alleanza con il Pdl (anche rinnovato) in valore negativo.
Solo una quota ridotta di elettori dell’ex Pdl accetterebbe infatti il sostegno a Monti e l’alleanza con i “traditori” Casini, Fini e Montezemolo, mentre per converso una quota robusta di elettori moderati non aderirebbe a un’aggregazione “infetta” dal virus del post-berlusconismo. Una discreta confusione, ma purtroppo è la fotografia dell’attuale situazione nel centro e nel centro destra moderato. Dove manca, guardando allo scenario europeo, un partito che si collochi autorevolmente nel solco del Ppe. Tuttavia qualcosa dovrà nascere per forza di cose, sull’onda dello stato di necessità, troppo grande è il bacino d’utenza di gente disamorata dai partiti cui offrire una nuova offerta politica, troppo incombente il pericolo di una deriva alla Beppe Grillo, troppo pressante l’invito della Chiesa a dar vita a una nuova generazione di impegno sociale e politico.
Manca solo il federatore. Ma ci sta pensando. Solo Mario Monti, infatti, sarebbe in grado di mettere insieme un’area di persone di buona volontà, da Andrea Olivero e Raffaele Bonanni a Mario Mauro e Franco Frattini passando per Casini, Montezemolo, Marcegaglia, Passera, Fini e forse Alfano. Il professore della Bocconi nel suo ruolo delicatissimo continuerà a riflettere fino all’utimo, ma a gennaio – una volta indetti i comizi elettorali – potrebbe pronunciare il fatidico sì. Magari senza candidarsi (visto che è già senatore a vita) ma dando il suo assenso a una lista “per l’Italia”. E per Monti, anche se – forse – senza Monti.