La strada del “governo dei tecnici” da qui alle elezioni diventa sempre più complicata e difficile. Il governo e il presidente del Consiglio, Mario Monti, saranno stati bravi, come si dice in questi giorni, a salvare l’Italia da un “disastro totale”, ma evidentemente non solo i cittadini italiani, anche i rappresentanti degli enti territoriali non riescono più bene a comprendere la cura a cui è stato sottoposto il Paese e le misure che si mettono in agenda nei prossimi anni. Adesso si profila una ribellione istituzionale senza precedenti contro il “patto di stabilità”. In un faccia a faccia tra il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, e una delegazione dell’Associazione dei Comuni italiani, che si è svolta alla Prefettura di Milano, i sindaci hanno detto che se il patto di stabilità non viene riscritto, dal primo gennaio si dimetteranno in massa. In altri termini, le città e i Comuni italiani non avranno più un sindaco.
Il confronto in Prefettura si è tenuto dopo una manifestazione che si è svolta nelle strade del centro di Milano. Sfilavano fianco a fianco circa 500 sindaci italiani di tutte le tendenze politiche, senza alcuna distinzione di schieramento. Dietro a un grande striscione, ben esplicito nel suo contenuto, “Liberiamo i Comuni dal patto di stupidità, scriviamo un nuovo patto per la crescita”, marciavano per le strade di Milano il sindaco del capoluogo lombardo, Giuliano Pisapia, Piero Fassino, sindaco di Torino, Gianni Alemanno, sindaco di Roma, Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia.
Tanto per comprendere l’ampiezza della protesta, era presente anche Federico Pizzarotti, il nuovo sindaco di Parma, che aderisce al “Movimento 5 Stelle” di Beppe Grillo e alla partenza del corteo ha parlato anche il candidato alla Regione Lombardia, Umberto Ambrosoli. Una simile ampiezza di dissenso istituzionale è senza precedenti e pone un problema di portata politica nazionale che non si ricorda nella storia della prima repubblica. Attilio Fontana, sindaco leghista di una ricca città come Varese, da tempo sta parlando dei disagi dei Comuni. Alcune settimane fa, ha dovuto tagliare alcuni interventi normali, quasi di routine per le scuole. E vede un futuro sempre più incerto.
Signor sindaco, avete veramente intenzione di dimettervi?
Non è più possibile andare avanti in questo modo, non abbiamo più alcuna possibilità di manovra, di spesa, di intervento. A questo punto, direi proprio che, senza alcuna distinzione politica, ma uniti solo dal fatto di essere degli amministratori locali, abbiamo proprio deciso di dimetterci.
E’ un fatto, anzi una ribellione senza precedenti.
Ha inquadrato perfettamente il problema. E’ una ribellione che non ha precedenti. Ma questa è la realtà a cui ci hanno portato.
Quali sono i motivi reali di una simile rottura da parte dei sindaci con il governo?
Guardi, riassumiamoli in tre punti fondamentali. Con il “patto di stabilità” vengono decisi ulteriori tagli agli enti locali e ai Comuni. Una cifra di due miliardi di euro. Abbiamo passato mesi e anni di grande difficoltà e quasi tutte le manovre hanno sempre interessato dei tagli agli enti locali. Ora vorrei sapere con questi nuovi tagli che cosa posso fare io nella mia città e che cosa possono fare gli altri sindaci in materia di strade, scuole, interventi di diversa portata. Ora siamo arrivati al punto conclusivo. E questo è solo il primo punto.
Quale sarebbe l’altra questione?
Il fatto che sono ormai completamente conculcate le autonomie locali. Sono previsti ulteriori controlli, altri meccanismi di controllo. In questo modo è inutile quasi parlare di autonomie locali. Infine quello che abbiamo sempre rivendicato con un patto per la crescita. In questo modo non si va da nessuna parte.
Tutto questo si unisce anche alla protesta per l’Imu?
In parte c’entra anche la questione dell’Imu. Ma è il disegno complessivo dei tagli e dell’esautoramento delle autonomie locali che ci ha portato a questa protesta e a questa ribellione senza precedenti. O si cambia o le città, i Comuni, i centri italiani se li governano direttamente loro. In questo modo non è più possibile andare avanti.
(Gianluigi Da Rold)