Tutto ancora può succedere. All’inizio della vicenda, pareva che Renzi non ce l’avrebbe mai potuta fare contro Bersani, la nomenclatura e i pachidermi della sinistra. Ma passavano i mesi e il sindaco di Firenze guadagnava posizioni. Fino al punto da spaventare Bersani. Qualcuno, addirittura, lo dava per vincente. Poi, l’ascesa si rivelò una parabola. Che aveva iniziato la fase discendente. Poche settimane fa, gran parte dei commentatori dava Renzi, ormai, per sconfitto. Fino a oggi. Roberto D’Alimonte, sulle pagine de Il Sole 24 Ore, ha rivelato che un sondaggio realizzato dal Cise afferma che, benché alle primarie il segretario del Pd Bersani risulta in testa con il 48,2%, mentre Renzi è al 37,6%, alle politiche cambierebbe tutto: la coalizione guidata dal segretario del Pd non prenderebbe più del 35%, quella guidata da Renzi si attesterebbe al 44%. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con il sondaggista Arnaldo Ferrari Nasi.



Secondo lei quanto conterà l’affluenza alle primarie?

In qualunque genere di elezioni, i candidati invitano la gente ad andare a votare, convinti che il voto perso sarà sempre e comunque il loro. In realtà, i voti persi delle primarie si distribuiranno in maniera perfettamente proporzionale tra i vari candidati.

Lei non crede che i potenziali elettori di Bersani appartengano, prevalentemente alla schiera dei militanti, quelli, cioè, più inclini ad andare a votare? E che, quindi, la scarsa affluenza potrebbe penalizzare Renzi?



Non credo. Anzitutto, chi si reca a votare fa comunque parte in generale del nucleo duro degli elettori. Ora, se è vero che il Pd è rimasto l’unico partito ancora fortemente strutturato, non necessariamente i suoi elettori più ortodossi voteranno per Bersani. Oltretutto, Renzi ha dalla sua il fatto che chi non è abituato ad andare a votare ha lo stimolo per farlo nella novità rappresentata dal sindaco di Firenze. Inoltre, gran parte dei moderati, che non hanno mai votato a sinistra, si sono iscritti alle primarie per sostenerlo. Un  vantaggio di cui Bersani non può disporre. Mentre, al contempo, ha un grosso svantaggio. 



Quale?

Fa pur sempre parte della vecchia guardia. Non è percepito come direttamente “colpevole” della seconda Repubblica alla stregua di D’Alema e Veltroni, ma in parte lo è. Non è escluso, quindi, che quel poco di vantaggio di cui potrebbe avvalersi grazie alla struttura del partito potrebbe venire eroso. Al momento di votare, anche il vecchio militante potrebbe desistere dal dare la propria preferenza a Bersani, giudicandolo corresponsabile della situazione attuale.

Quindi, tra Renzi e Bersani, secondo lei, chi vince?

La superiorità comunicativa di Renzi è evidente, mentre Bersani non riesce a fare altro che ostentare quella sicurezza supponente di chi non ha granché da dire. Il sindaco di Firenze, poi, finora non sbagliato una mossa. C’è da aggiungere il fatto che, in fondo, la sostanza delle primarie, ma anche delle prossime elezioni, consiste nel passaggio dalla seconda alla terza Repubblica. Mi pare evidente che, in questo caso, il nuovo sia maggiormente interpretato da Renzi che da Bersani. Per il momento, quindi, Renzi è leggermente in vantaggio.

Solo in questo momento?

Anni di analisi dei flussi elettorali mi hanno confermato come gli scarti evidenziati in campagna elettorale, la sera delle elezioni risultavano drasticamente ridotti.

Condivide l’opinione del Cise?

Sì. Renzi, in caso di vittoria alle primarie, avrebbe molte più chance di Bersani di vincere le elezioni.

E se vince Bersani?

Si alleerebbe con Vendola. Il che gli alienerebbe sicuramente l’elettorato renziano. A quel punto, non possiamo escludere che Renzi decida di fondare un suo partito. Avrebbe i voti di chi lo ha votato alle primarie. E intercetterebbe buona quota degli elettori di centro.

 

 

(Paolo Nessi)

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