Alla vigilia del voto, la tensione nel Pd raggiunge i massimi livelli. L’ultimo siparietto è andato in scena ieri, dopo la “soffiata” del sito Dagospia su una presunta intervista di Pier Luigi Bersani pronta ad andare in onda al Tg1. “E’ una vergogna inaccettabile”, ha tuonato Roberto Reggi, coordinatore della campagna elettorale di Matteo Renzi, mentre da viale Mazzini, nel panico generale, prima è stato deciso di concedere uno spazio anche al giovane rottamatore fiorentino, per poi arrivare invece a ospitare direttamente tutti i cinque candidati alle primarie. Siamo intanto giunti al momento della verità che, in caso di ballottaggio, slitterà al prossimo 2 dicembre. Abbiamo chiesto un commento dell’intera corsa a queste primarie ad Antonio Padellaro, direttore de Il Fatto Quotidiano.



Nota un eccessivo nervosismo all’interno del Pd?

Credo che in una competizione politica di questa importanza un clima del genere sia del tutto normale. Anzi, devo ammettere che i toni si sono sempre mantenuti abbastanza moderati, senza particolari cadute di stile. Quella a cui abbiamo recentemente assistito è una delle classiche polemiche della vigilia, utili anche ad alzare un po’ i toni, visto che tra poche ore si andrà a votare.



Dal confronto Sky fino all’ultima polemica sul Tg1, con Puppato e Tabacci che in più occasioni hanno lamentato una certa disparità di trattamento. Quanto crede abbia influito una tale pressione mediatica?

E’ naturale che tale pressione si sia concentrata soprattutto sui candidati più forti. Fin dall’inizio sapevamo bene che la partita si sarebbe giocata soprattutto tra Bersani e Renzi, con Vendola possibile terzo incomodo e Tabacci e Puppato in veste di comprimari. Nonostante questo credo che abbiano avuto anche loro la possibilità di parlare con gli stessi tempi e modalità degli altri candidati, anche se in fin dei conti trovo inevitabile che i giornali, dovendo fare una scelta, preferiscano porre l’attenzione sui candidati più forti.



Quanto è importante per il Pd il test delle primarie?

In un momento in cui registriamo una forte caduta della politica e una sua considerevole perdita di credibilità agli occhi dei cittadini, il fatto che il Partito Democratico stia coinvolgendo così tante persone con queste primarie (tanto che si parla addirittura di oltre un milione di votanti), è un segno certamente positivo per la democrazia.

A dimostrazione di cosa?

Che quando si fa della buona politica, quando i cittadini vengono chiamati a esprimere un giudizio su candidati diversi che si presentano con le loro storie e con programmi differenti, la cosa funziona. L’antipolitica non è contro la politica in generale, ma contro quella cattiva.  

E’ comunque evidente il radicale cambiamento della dialettica interna rispetto a un passato spirito congressuale che oggi sembra non esistere più. Tanto che anche l’esito sembra ormai già scritto da tempo. E’ un bene o un male?   

Probabilmente la vecchia liturgia congressuale ha perso di efficacia con la personalizzazione della politica. Di congressi ne ho vissuti tanti e posso dire che oggi non potrebbe più funzionare un cerimoniale di tre giorni, spesso anche abbastanza noioso, utile più che altro a incoronare un leader che era stato già deciso. Viviamo in un’epoca diversa in cui un sistema come quello non interessa più: la gente vuole andare subito al punto, vuole conoscere la persona, la sua storia e ciò che propone. Da questo punto di vista credo che la politica sia cambiata in meglio.  

Entrando nello specifico, si aspetta particolari sorprese dal voto di domani, tenendo in considerazione anche i sondaggi di questi giorni?

L’unica sorpresa potrebbe essere la vittoria di Bersani al primo turno. Se ciò non dovesse accadere, la sfida ovviamente si polarizzerebbe con la conseguenza che Renzi avrebbe l’occasione di recuperare qualcosa. Difficilmente Bersani potrà vincere al primo turno quindi dovrà riuscire a mantenere il suo vantaggio anche al ballottaggio: ovviamente questo renderà la competizione ancora più appassionante, visto che chi non ha votato Vendola, Puppato e Tabacci dovrà decidere se votare Renzi o Bersani.

Cosa accadrà nel partito dal momento in cui verrà decretato il vincitore?

È importante ricordare che in tutti i casi la leadership del partito non cambierà. Renzi e Bersani sono due candidati premier, quindi da queste primarie uscirà in sostanza colui che dovrà guidare il governo nel caso in cui il Pd vincesse le prossime elezioni.

Quindi non si aspetta particolari cambiamenti, almeno nell’immediato?

In questa fase sarà difficile assistere a particolari svolte nel partito, ma è evidente che un vittoria di Bersani lascerebbe le cose piuttosto inalterate mentre una eventuale ascesa di Renzi potrebbe provocare evidenti problemi nel vecchio apparato. Ribadisco però che fino al prossimo Congresso il segretario del partito resta Bersani, quindi anche in caso di vittoria di Renzi il cambiamento nel Pd potrà maturare solamente dopo le elezioni politiche.

 

(Claudio Perlini)

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