Domenica si terranno le primarie del Partito Democratico. Dall’esito della consultazione si saprà se il candidato del Pd sarà Pier Luigi Bersani o Matteo Renzi, ma anche gli equilibri all’interno della altre coalizioni potrebbero cambiare. Come ha scritto pochi giorni fa Renato Mannheimer sul Corriere della Sera, più del 33% degli elettori che si identificano con il centrosinistra, e oltre il 37% di quanti hanno votato Pd, si recheranno “sicuramente” ai gazebo. Un altro 40% di sostenitori del centrosinistra, e il 42% di quelli del Pd, lo farà “probabilmente”. Dallo speciale di SkyTg24 sulle primarie è emerso del resto che il 24% degli elettori di centrosinistra che hanno seguito la trasmissione hanno aumentato la loro propensione a votare per scegliere il candidato del Pd. Anche se il 67% di chi ha visto lo speciale afferma di non avere cambiato idea su chi votare tra Bersani e Renzi. Un altro 11% si è invece spostato da un contendente all’altro e il 6% ha raggiunto un suo convincimento nel corso del confronto televisivo. A vincere la sfida in diretta è stato Bersani, che ha ottenuto il 44% dei consensi, mentre Renzi si è posizionato al 34%. Dati simili a quelli che Mannheimer prevede per il voto di domenica. Tra gli elettori di centrosinistra che affermano che “sicuramente” andranno ai gazebo, il 42% dovrebbe stare con Bersani e il 34% con Renzi. Mentre tra quanti “probabilmente” parteciperanno al voto, Bersani è scelto dal 36% delle persone e Renzi dal 33%. Ilsussidiario.net ha chiesto a Renato Mannheimer di commentare questi dati.
Bersani è più forte nello zoccolo duro degli elettori, Renzi tra quelli che non sono sicuri di andare a votare. Qual è il significato di questa distinzione?
L’ultimo nostro sondaggio è stato realizzato una settimana fa e trovavamo Bersani in vantaggio e Renzi a breve distanza. Si tratta di un margine che può essere ancora recuperato, bisognerà vedere da quanti parteciperanno al voto: maggiore è il loro numero e più Renzi ha probabilità di vincere. La doppia registrazione limita però queste possibilità, e a influire saranno anche le condizioni atmosferiche, per esempio se pioverà o meno.
Quali sarebbero i tre partiti con più voti se si votasse domani?
Il Pd ha superato il 30%, il Movimento 5 Stelle è intorno al 20% e il Pdl intorno al 16%. Il 50% degli intervistati dice di volersi astenere o di non sapere che cosa votare. Si tratta di un dato che è stabile da un paio di mesi.
Il consenso del Pd cambia a seconda che vinca Renzi o Bersani?
Una recente ricerca del professor Roberto D’Alimonte ha mostrato che una vittoria di Renzi aumenterebbe il consenso del Pd facendolo salire oltre il 30%.
Come si spiega invece lo scarso consenso di cui gode il Pdl?
Si spiega con il fatto che il centrodestra non ha una proposta adeguata per i suoi elettori.
Il sostegno a Monti ha danneggiato il principale partito del centrodestra?
No, a danneggiarlo è stata la contraddittorietà interna e la mancanza di una visione chiara su che cosa proporre.
Le primarie del Pdl possono cambiare le cose all’interno del centrodestra?
Certamente sì. Bisognerà vedere quando le faranno, se le faranno e chi parteciperà. Il centrodestra ha però bisogno di un momento di rinnovamento, che anche le primarie possono dare.
Da qui a marzo che cosa può ancora cambiare?
Le incognite che gravano sul voto sono diverse, ma prevederle è impossibile. Il mercato elettorale è ampio e mutevole, gli elettori che non sono ancora stati conquistati da nessun partito sono molto numerosi. L’esito dipenderà quindi anche da chi si presenterà e da quale sarà l’offerta politica.
Quanto può valere una discesa in campo di Monti?
Dipenderà dalla campagna elettorale, è ancora troppo presto per riuscire a prevederlo.
(Pietro Vernizzi)