Il figlio che si rivolta contro il padre. Ma fino a un certo punto. E il padre che decide di andarsene, poi ci ripensa. Ma neanche troppo. Ad oggi, fissare con accuratezza lo stato e la consistenza dei rapporti tra Alfano e Berlusconi è pressoché impossibile. Il primo vorrebbe regnare su un regno che non è il suo, e sa bene che, senza chi l’ha istituito, avrebbe una ben misera potestà; il secondo è ormai del tutto inadeguato per esercitare a pieno titolo il controllo, ma il sentimento e l’interesse gli impediscono di mollare la presa. E, da tempo, cova la creazione di un nuovo partito. Sarebbero già sette i marchi depositati. E allora, come interpretare le parole del segretario del Pdl («Confido che Berlusconi rilanci insieme a noi il partito con un profondo rinnovamento») se non come quelle di chi vuole evitare la disfatta? Del resto, perché il Pdl avrebbe, all’ultimo, deciso di rinunciare alle primarie (posto che sia la scelta definitiva), se non per convincere Berlusconi a tornare sui suoi passi? Abbiamo chiesto lumi a Vittorio Sgarbi



Il Pdl è condannato a non riuscire ad archiviare il suo fondatore?

Non c’è niente da archiviare. Finché il leader fondatore di qualcosa è vivo, e non decide lui di morire o di andarsene, non si vede perché dovrebbe farlo. Non mi pare, del resto, che siano queste le sue intenzioni.

Pareva di sì

In realtà aveva deciso, in passato, legittimamente, di non candidarsi a premier. Il che non significa che non avrebbe potuto continuare a tenere in piedi il suo partito. Così come non si capisce perché leader fondatori di partiti, quali Di Pietro, non dovrebbero poter decidere di ritirarsi dalla competizione per Palazzo Chigi, pur continuando ad animare la propria creatura.



Semplicemente perché Berlusconi ha nominato un segretario a cui, in teoria, avrebbe affidato proprio questo compito

E, infatti, nominarlo è stato un errore.

A questo punto, come dovrebbe comportarsi?

La cosa più logica è che Berlusconi resti nel Pdl. Anche se con margini di manovra non più assoluti, ma come padre nobile; del resto, dovrà pur sempre tenere conto di alcune situazioni che si sono create. Ma non può certo rinnegare le persone che ha scelto lui stesso. Può, al limite, nella prospettiva che il Pdl si snellisca, selezionare più accuratamente la classe dirigente. E, rimanendo all’interno del Pdl, lavorare ad un altro soggetto che non veda lui come protagonista, ma come sostenitore.



Cosa intende?

La stessa cosa che fece con il Ccd di Casini, un organismo autonomo, ma strettamente legato a Forza Italia. Per questo, da tempo sostengo la necessità che Berlusconi sostenga il mio Partito della Rivoluzione; una struttura anch’essa autonoma ma parallela, che risolverebbe il problema  della gente nuova. Del resto, pensi ad Alain Delon: nessuno si immagina che, oggi, possa tornare a grandi ruoli da protagonista. Ma può sempre fare il regista, il produttore.

Lei glielo ha detto?

Pur non essendo per nulla amico di Alfano, questa volta la mia linea è coincisa con la sua: ho detto a Berlusconi che deve riprendere il timone del partito.

E perché si ostina a volerne creare uno nuovo?

Perché è combattuto, e si rende conto che la gente ha bisogno di una cosa nuova. Tuttavia, non potrebbe essere tale, perché sarebbe costretto a portare troppi vecchi con lui. Mettiamo che decida di lasciare nel Pdl La Russa, Gasparri, e tutti quelli di An; poi cosa fa? A Bondi, a Chicchitto, alla Carfagna, alla Gelmini, a Romani dice di restarsene a casa? Tanto vale che si tenga tutto. Insomma, sul fronte del nuovo non c’è praticabilità di campo. Salvo il sostegno a soggetti esterni come il mio.

Lei già da tempo si era ritirato dalle primarie che, ormai, sembra non si faranno

Sono stato il primo a ritirarmi, perché sono una cosa ridicola. Un equivoco in cui sono ero costretto a calarmi per colpa di Samorì che, invece che dar vita ad un nuovo soggetto assieme a me, ha preferito fare  il gregario di uno vecchio.  

 

(Paolo Nessi)