C’è un’ansiosa voglia di dialogare e di costruire una grande lista dei moderati, c’è insomma una grande voglia di centro, che mantenga come guida di un futuro Governo l’ormai famosa, ma forse anche un po’ logora, “agenda Monti”. E’ ormai il ritornello di questo periodo della politica italiana. Gli obiettivi sono molteplici. Da un lato si cerca di essere un’alternativa possibile a una scontata vittoria del centrosinistra di Pier Luigi Bersani, spalleggiato da Nichi Vendola, dall’altra si vuole respingere quello che con molta sbrigatività viene definito il populismo di Beppe Grillo, o addirittura il pasticciato avventurismo di Antonio Di Pietro (uno degli artefici della seconda Repubblica), oggi alle prese con un partito in rivolta.



Luca Cordero di Montezemolo, ad esempio, spiega: “C’è una grande scommessa per le prossime settimane. Portare una ventata di aria fresca proveniente dalla società civile per rigenerare la politica. O adesso o mai più”. Aggiunge il sempiterno aspirante candidato all’entrata in politica, che poi però fa sempre un passo indietro: “Occorre mettere insieme una grande lista civica nazionale con persone competenti, credibili che vogliono dialogare con la parte migliore della politica”. E specifica solo una cosa di questo nuovo “mondo di eletti e competenti”: non devono essere personaggi della seconda Repubblica.



Ora, se un’idea di centro è stata mantenuta in questo Paese, la si deve cercare nell’Udc di Pierferdinando Casini e in una parte del Pdl, quella più moderata e filomontiana, che non vede l’ora della definitiva ritirata di Silvio Berlusconi dalla scena politica. Ma chi può assicurare, secondo il desiderio di Luca Cordero di Montezemolo, una ritirata generale, un ricambio completo, una “rottamazione” per dirla alla Matteo Renzi di tutto il personale politico della seconda Repubblica? L’impressione è che il batti e ribatti su questo “polo centrista” resti ancora un appello generico, che non tiene completamente conto dell’attuale fase politica italiana. Quasi tutti gli osservatori guardano con preoccupazione al risultato del voto siciliano e ai sondaggi che vengono aggiornati in questo periodo.



La propensione all’astensione è l’aspetto più inquietante, che denuncia una sorta di irritazione epidermica e di rabbiosa indifferenza verso il mondo della politica. Se uno guarda al vero vincitore del voto siciliano deve considerare innanzitutto il record dell’astensione al primo posto, che ridimensiona persino il risultato, solo in parte sorprendente, del movimento di Beppe Grillo. E deve poi tenere in considerazione la fragilità dell’argine posto dall’alleanza siciliana tra Udc e Pd.

In realtà, a conti fatti, se Enrico Berlinguer, in ben altra epoca, diceva: “Non è possibile governare un Paese con il 51 percento del consenso elettorale”, che cosa dovrebbe trarne come conseguenza il nuovo leader siciliano Rosario Crocetta, che ha una “non maggioranza” del 31 percento e ha visto i voti del suo partito dimezzati rispetto alle precedenti elezioni? Che cosa dovrebbe pensare un esponente dell’Udc, che non riesce a intercettare mai i voti da una posizione di centro e fa acrobatiche alleanze con il Pd in Sicilia, ma che è pronto a dire no a un’alleanza con il Pd per le politiche di aprile? Ma c’è un’altra considerazione da fare, in base al risultato del voto siciliano e all’attuale fotografia che i sondaggi forniscono delle forze politiche italiane.

Forse il “maledetto governo” è più popolare dei partiti, come dice lo stesso presidente del Consiglio Mario Monti, ma non riesce a unire gli italiani intorno a un obiettivo comune. Forse gli italiani hanno seguito per un anno questa politica di austerità, accettandola come una medicina necessaria, ma sono ormai in tanti che pensano che la famosa “fase due”, quella della crescita, sia una sorta di “araba fenice”, che tutti sanno dov’è, ma nessun lo dice. Ora, in questo clima di disillusione generale, che è palpabile, che si coglie per mille aspetti nella vita politica e sociale del Paese, possono avere importanza degli appelli generici contro il populismo o contro la coalizione tra Bersani e Vendola che avrebbe, a livello nazionale, una “non maggioranza” come Crocetta ha in Sicilia?

Si dice che in questo momento ci sia un grande lavorìo dietro le quinte, un dialogo serrato tra esponenti dell’Udc, magari di Italia Futura di Montezemolo e la parte moderata del Pdl. In sostanza si cerca di fare in modo che Silvio Berlusconi, rintanato a Malindi nella villa di Flavio Briatore, arrivi a una seconda lista del Pdl e che rompa, una volta per tutte, con Angelino Alfano e gli altri moderati e filomontiani. Il grande “maestro delle cerimonie” della seconda Repubblica, Bruno Vespa, offre già delle anticipazioni al riguardo nel suo libro di prossima pubblicazione.

Sperando di sbagliarci profondamente, questo tipo di lavorìo ricorda tanto il triste crepuscolo della prima Repubblica. Probabilmente, per preparare la terza, ci vorrebbe qualche cosa di più consistente, di più coinvolgente e, soprattutto, di meno generico, noioso e scontato.