Alla fine, Berlusconi pare abbia ceduto. Dopo aver espresso il suo disappunto nei confronti delle primarie, definendole, mano ai sondaggi, inutili, sottolineando come avrebbero dato vita ad un bagno di sangue nel Pdl, e dopo che Alfano ha chiesto serietà, spiegando che se il partito si fosse rimangiato la parola data avrebbe dato l’impressione, più che altro, di essere un circolo di barzellettieri, l’ex premier è tornato sui suoi passi. Le primarie, quindi, ci saranno. Suo malgrado. Alfano, del resto, aveva fatto presente che non c’era alternativa. Salvo il candidare personaggi che, secondo lui, nei sondaggi vanno decisamene peggio degli eventuali candidati del Pdl quali Montezemolo e Gianpiero Martinetti, proprietario della catena Grom. Berlusconi, in ognun caso, ci ha tenuto a far sapere che tra lui e il segretario del Pdl non vi è alcun attrito. Anzi. «C’è totale condivisione delle posizioni tra me e Alfano. Ci vogliono l’uno in dissenso dall’altro ma non mai accaduto. Gli voglio bene come a un figlio e sono sicuro di essere ricambiatissimo», ha dichiarato proprio ieri sera il presidente del Pdl. Alfano, dal canto suo, ha spiegato che tra lui e Berlusconi non c’è alcun problema.  In un partito, semplicemente, capita di discutere. Poi, ha invitato i giornali a «mettersi d’accordo con se stessi». Non è possibile che quando non si discute si parli di caserma, mentre quando si discute sembra che il partito sia allo sfascio e in procinto di scindersi. Sul nuovo corso degli eventi si è espresso il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Secondo il quale «l’aspro confronto in corso nel Pdl va seguito con interesse per capire se emergerà un’identità politica veramente in sintonia con il Ppe e quindi, in quanto tale, alternativa in termini programmatici alle sinistre e mille miglia lontana dalla demagogia estremista, populista e anti-europea di tanti esponenti del Pdl e della totalità della Lega». Secondo il capo di Fli, in particolare, al segretario del Pdl spetta ora l’arduo compiuto non tanto di stabilire le regole delle primarie, quanto di precisare i termini del rapporto tra il suo partito e Mario Monti, definito il vero banco di prova.



Alfano dovrà anche spiegare se, dopo le elezioni, la sua intenzione è quella di prosegui o meno l’opera riformatrice inaugurata dall’attuale premier.

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