Due gesti scriteriati hanno innescato il repentino precipitare degli eventi: prima, il Pdl non ha votato la fiducia al Dl sviluppo. Poi, Berlusconi ha annunciato la sua sesta ridiscesa in campo. I mercati stanno reagendo come da copione. Con le borse in caduta libera e gli spread in ascesa. Il precario equilibrio, rappresentato dalla strana maggioranza che sosteneva Monti, è saltato. Restano solo, da un lato, l’asse Pd-Sel, in procinto di vincere, ma di non essere in grado di governare, così sbilanciato a sinistra da avere un programma piatto, ma due chiodi fissi: la patrimoniale e le unioni gay; dall’atro, si torna all’alleanza Pdl-Lega, il cui unico scopo è quello di governare pur avendo perso, grazie ad una legge elettorale che potrebbe consentire loro di rendere il Senato ingestibile. Ci sarebbe una terza ipotesi. Ne abbiamo parlato con Rocco Buttiglione.



Tanto per cominciare, che idea si è fatto di questa situazione?

C’era un patto tra gentiluomini: Monti non si ricandida, Berlusconi, Bersani e Casini sostengono lealmente la sua azione di governo. Questo patto è saltato. Non tanto per l’anticipo delle elezioni di uno o due mesi, quanto perché Alfano ha rinnegato quell’azione. Esprimendo una posizione chiara: “se vinciamo, sfasciamo tutto”. Il rischio è che il Paese torni sull’orlo del baratro.



C’è poi la ridiscesa in campo di Berlusconi.

Questi mesi sono stati pesanti, indubbiamente. Ma la speranza di uscire dalla fase peggiore stava iniziando a concretizzarsi. Berlusconi rischia di vanificare tutto. Di rendere inutili i sacrifici degli italiani. Sembra intenzionato a ridiscendere in campo con gli stessi toni di Grillo. Sconfessando, oltretutto, la linea assunta dal suo stesso governo poco più di un anno fa. Non dimentichiamoci che furono lui e Tremonti a siglare con l’Europa gli impegni che ora Monti stava portando a compimento. Un comportamento francamente inaccettabile. Come se non bastasse, le ultime uscite di Sandro Bondi prefigurano un nuovo partito marcatamente laicista, svincolato dall’unico titolo di gloria di Berlusconi.



A cosa si sta riferendo?

Diamo atto a Berlusconi di aver facilitato, in una sorta di benevola neutralità, una battaglia in difesa dei valori non negoziabili. Battaglia nella quale non si è mai esposto in prima persona ma che, d’altro canto, non ha mai osteggiato. Anzi, spesso ha dato una mano. Senza di lui, tutto sarebbe stato sicuramente più difficile. Ora Bondi ha individuato in questo atteggiamento uno degli elementi da ripudiare (parlando degli ex An si è detto convinto che sulle «libertà personali sono su posizioni di radicalismo religioso alla Tea party»; al giornalista che chiedeva se i parlamentari cattolici e di Cl condividessero tale impostazione con gli ex An, ha risposto: «Sì, la parte più confessionale del Pdl che rappresenta solo uno spicchio del mondo cattolico. Penso a Roberto Formigoni che dovrebbe riflettere sulla sua esperienza politica, sugli errori commessi, sul suo sistema di potere che assomiglia sempre più a quello delle regioni rosse» ndr). 

Lei è convinto che questa sia la posizione di Berlusconi?

Non so se la posizione di Bondi sarà sposata interamente dal nuovo partito. Sta di fatto che Berlusconi non l’ha smentita. E che è evidente come, nel momento in cui non avrà più la garanzia dei voti dei cattolici, si sentirà legittimato a riprendere per intero la sua libertà d’azione su tutti i fronti. L’alleanza con il mondo cattolico, del resto, era fondata su un calcolo strumentale e non su una precisa identità.

Un nutrito gruppo di parlamentari del Pdl, a partire dell’eurodeputato Mario Mauro, lascerà il partito, per dar vita ad un nuovo soggetto, anche per le ragioni da lei descritte.

Le recenti prese di posizione di Mauro rappresentano l’indicazione onesta di un percorso che non ha bisogno di rinnegare alcunché dei propri valori, quanto, al limite, di riconoscere che in certi casi si è data troppa fiducia a chi non lo meritava. Il programma originale di Forza Italia, infatti, salvo alcune esagerazioni, toccava i nodi veri della società italiana. Ma Berlusconi, a un certo punto, ha iniziato a fare politica per vendicarsi dei suoi nemici. E’ stato lui il primo, quindi, a tradire il programma. Semplicemente, mettendolo all’ultimo posto delle cose da farsi. Ora, credo che dovremmo riprendere molte idee da quel programma. Dal taglio della tasse, al puntare sull’innovazione.

Dovrete, chi?

Non è verosimile che un eventuale nuovo soggettocostituito dai fuoriusciti del Pdl si allei con il partito di Berlusconi. Allora, tanto varrebbe che restassero insieme. Non vedo altra strada se non quella di allearsi con noi. Sotto le insegne del Partito Popolare Europeo italiano. Ora possiamo realmente dare vita alla sezione italiana del Ppe.

Non di certo prima delle elezioni.

Ovvio. La nascita di un partito richiede il suo tempo. Ora è necessario incontrarsi, ed allearci per queste elezioni. Dobbiamo realizzare una coalizione per battere Berlusconi e Bersani e vincere. Nella consapevolezza che restiamo alternativi alla sinistra, specie sul fronte della visione antropologica: ma che, in tempi di emergenza, è possibile collaborare. Poi, sulla base di un’idea politica comune, potremo finalmente mettere in piedi un partito comune.

Quale idea?

Continuare il percorso indicato da Monti. Rafforzandolo sul terreno della moralità e della sussidiarietà. Occorre, cioè, riformare lo Stato sociale. Un terzo della spesa sociale resta intrappolata nella maglie dell’organizzazione burocratica che si è espansa secondo logiche di accrescimento del proprio potere. Un fattore ridimensionabile attraverso il dialogo diretto con le famiglie, con il volontariato e con il terzo settore. L’operazione di ridefinizione dello Stato consentirà servizi più efficienti, meno costosi, e di tagliare le tasse.

Torniamo alla coalizione elettorale. Chi candiderete?

Credo che il candidato naturale sia Monti.

Finora, però, si è limitato semplicemente a non escludere l’ipotesi.

Accorgendosi del fatto che c’è qualcuno che ha voglia di fare, e che condivide la sua impostazione, potrà essere incoraggiato a candidarsi. In caso contrario, laddove vincessimo o dovessimo risultare determinanti, ci impegneremmo comunque a richiamarlo al governo.   

 

(Paolo Nessi)