SONDAGGI: QUANTO VALE UNA “LISTA MONTI”? Gli equilibri, ormai, sono cambiati. Da sabato, con le dimissioni di Mario Monti, nulla è più come prima. A partire dagli equilibri politici a cui ci eravamo abituati nei mesi scorsi. L’ex inquilino di Palazzo Chigi ha concluso il suo percorso come premier di un esecutivo puramente “tecnico”, ma in molti, però, scommettono che il Professore possa tornare sulla scena svestendo i panni del tecnico e indossando quelli di politico: o direttamente a capo di una coalizione o appoggiando esternamente una lista. Quanto influirebbe tutto questo sulle altre formazioni politiche? Insomma, quanto potrebbe ottenere, oggi, una lista Monti? Lo abbiamo chiesto al sondaggista Alessandro Amadori, direttore e fondatore dell’istituto di ricerca Coesis: «C’è un intervallo di confidenza piuttosto ampio. Da un minimo di 5 a un massimo di 15 punti che dipende da una serie di fattori, come i contenuti di programma o, eventualmente, altri leader o forze affluenti che si aggregassero. A oggi, però, sarei più orientato verso il 5%, ma se nascesse una sorta di “Progetto Italia” con un insieme di contenuti condivisi e ben congegnati, potrebbe avvicinarsi maggiormente al 15%».
La prospettiva cambia tra un’eventuale lista con Monti candidato e una lista senza l’ex premier ma solo in suo appoggio. «Sicuramente Monti darebbe un grande valore aggiunto in termini di garanzia e una lista guidata direttamente dall’ex premier rappresenterebbe un certo vantaggio». Per Amadori si tratterebbe di una formazione che creerebbe più difficoltà a Bersani rispetto a Berlusconi: «Diciamo che un terzo dei voti di questa ipotetica lista potrebbe provenire proprio dal Partito democratico, che oggi vale intorno al 35% dell’elettorato. Calcolando che un punto percentuale è pari a circa 400mila voti, siamo intorno agli 11 milioni di voti. È di gran lunga il primo partito». Un’ipotetica alleanza con Casini finirebbe per danneggiare il Partito di Bersani più che avvantaggiarlo: «Il Pd, alleandosi solo con Sel, totalizzerebbe praticamente il 40% dei voti, quindi nel complesso, non avrebbe bisogno di imbarcare anche Casini che, a sua volta, ne vale 5: anzi, servirebbe solo a complicare la vita a una formazione di centrosinistra spostata verso sinistra. In teoria, sommati farebbero 45%, ma, in realtà, la somma non funziona perché se il Pd inglobasse anche Casini, finirebbe per perdere una parte di elettorato e tornerebbe indietro attestandosi al 40%. Personalmente, sconsiglierei a Bersani un’alleanza così azzardata puntando su una proposta chiara e netta che accontenti gli elettori di centrosinistra contando solo sull’alleanza con Sel».
Passando al Pdl, il partito di Berlusconi non sarebbe per nulla penalizzato da una lista Monti. Anzi: «Una lista di questo tipo – ribadisce Amadori – potrebbe rappresentare un fattore di compattamento per il centrodestra e, quindi, non un problema ma un’opportunità». Per il sondaggista di Coesis, un “Grande Centro”, formato da Casini, Montezemolo e Fini, a oggi, non avrebbe un grande appeal: «A oggi – afferma Amadori – senza l’appoggio dell’ex premier Monti si attesterebbe intorno all’8%. Ho sempre pensato, già dalla prima ora, che una formazione di questo tipo non sia mai esistita: semmai, possiamo parlare di “un piccolo centro” e poco cambierebbe se Monti vi entrasse. Con il suo innesto, potrebbe arrivare intorno a un 12%, ma non di più”. Insomma, la lista centrista non funziona. “No, non attrae – puntualizza Amadori – perché si sta riproponendo in modo vecchio».
Invece, il Movimento a 5 stelle al suo debutto nelle liste, sarebbe il terzo partito, dietro Pd e subito dopo il Pdl. «Grillo e i suoi – conclude Amadori – si attesterebbero intorno al 15%, stima che ho fatto mesi fa e che, attualmente, cambia ma di pochissimo. Il Movimento Cinque Stelle ha subìto molto l’“effetto primarie” del centrosinistra e ha finito per perdere un punto percentuale».