“Ho sempre detto che Mario Monti deve essere ancora utile per il Paese, per questo sarebbe meglio che rimanesse fuori dalla contesa”. Pier Luigi Bersani, candidato del Pd per Palazzo Chigi, ha invitato il presidente del Consiglio a non prendere parte alla campagna elettorale, anche se ha aggiunto: “Ognuno sceglie come crede e fa le proprie valutazioni con serenità. Non ho la volontà di inibire in alcun modo le scelte personali di Monti”. Ilsussidiario.net ha intervistato Giovanni Toti, direttore di Tg4 e Studio Aperto.
Toti, perché Bersani è così preoccupato da una eventuale discesa in campo di Monti?
Monti che scende in campo con una sua lista o mette in qualche modo il suo nome su uno schieramento centrista, formato da Pier Ferdinando Casini, Luca Montezemolo e Gianfranco Fini, darebbe un valore aggiunto a quello schieramento che oggi rischia di finire schiacciato nella rapida polarizzazione della campagna elettorale. Da un lato c’è il leader storico della destra, Silvio Berlusconi, dall’altra il segretario del Pd che ha vinto le primarie, nel mezzo c’è un’area informe che però non ha ancora una ricetta politica precisa da presentare al Paese.
Presentarsi come alternativa ai vecchi leader, Berlusconi e Bersani, può essere però la carta vincente…
Sì, ma è un fatto che l’attuale centro oscilla tra il prosieguo sulla linea di Monti e quanto affermato da Fini, secondo cu occorre superare il montismo e puntare allo sviluppo. E’ un’area ancora magmatica e confusa, se Monti ci mettesse il cappello sopra si raccoglierebbe intorno alla sua punta di diamante e diventerebbe più competitiva sia nei confronti della destra sia della sinistra.
Qual è quindi il senso del messaggio di Bersani a Monti?
Quando dice che avrà un ruolo nel futuro del Paese, ma non si deve impegnare direttamente in politica, delinea un profilo che coincide esattamente con il prossimo presidente della Repubblica. E’ questa l’offerta che il Pd sta facendo a Monti. Un centro con Monti potrebbe impensierire Bersani? Stando ai sondaggi ritengo di no. In questo momento, dopo avere preso l’abbrivio alle primarie, Bersani ha un buon vantaggio rispetto a tutti i suoi competitor. In ogni caso non penso che sia impensierito da Monti. Una discesa in campo di quest’ultimo potrebbe tutt’al più precludere un accordo tra il Pd e il centro di Casini. In realtà la vera preoccupazione di Bersani è un’altra.
Quale?
La maggioranza che si sta coagulando intorno al Pd, e le stesse anime del partito di centrosinistra, sono talmente diverse che per Bersani sarà realmente difficile governare un Paese in crisi. Confindustria sposta la ripresa a dopo il 2014 e i dati economici Istat di questi giorni non sono promettenti. Il prossimo governo dovrà affrontare almeno alcuni mesi, forse alcuni anni di scelte molto dolorose, e con una maggioranza che la vede in modo molto diverso. Non credo che Enrico Letta e Nichi Vendola abbiano punti di politica economica molto simili. Quando nel 2006 l’Unione vinse le elezioni, il centrosinistra conquistò Palazzo Chigi ma poi implose per varie ragioni che tutti ricordano. Io credo che si riproporrà probabilmente qualcosa di simile.
Per quale motivo il leader del Pd allora punta su una polarizzazione da Seconda Repubblica, che come sappiamo è sempre stata caratterizzata dalla ingovernabilità?
Bersani in questo momento si sente più sicuro a sfidare lo schieramento delle destre e il suo rivale storico Berlusconi, che non un Monti che sbuca nel mezzo tra i due contendenti. In un parlamento come quello della prossima legislatura che rischia di essere balcanizzato, Monti potrebbe quindi rappresentare un leader in pectore per Palazzo Chigi capace di fare concorrenza allo stesso vincitore delle elezioni.
Quanto sarà solida la maggioranza del Pd nel prossimo parlamento?
La legge elettorale rimarrà il Porcellum, e quindi l’unione delle sinistre avrà più voti e più seggi alla Camera dei deputati. Bisognerà vedere se anche al Senato le cose andranno nello stesso modo. Se Berlusconi riuscirà a fare l’accordo con la Lega nord, ciò vorrà dire sfilare al centrosinistra almeno tre Regioni del Nord, Piemonte, Lombardia e Veneto. Il rischio quindi è che al Senato non ci sia una maggioranza, e ciò dipenderà anche da quanti voti prenderà Grillo. In questo Parlamento il leader che con ogni probabilità uscirà vincente, cioè Bersani, ha tutta la convenienza a polarizzare lo scontro e non a creare situazioni miste dove poi all’ultimo momento dal cilindro del presidente della Repubblica potrebbe uscire una nomina per Palazzo Chigi diversa dal candidato del Pd.
(Pietro Vernizzi)