Abbiamo perso il conto degli annunci di discesa in campo e successivi passi indietro. Ieri, per facilitarci il lavoro, Berlusconi ha promesso le due cose contemporaneamente. Dicendo che se Monti dovessere correre come leader dei moderati, potrebbe rinunciare alla propria candidatura. «Non credo– ha dichiarato – che gli convenga, ma se volesse fare il leader di un rassemblement dei moderati io mi occuperei del mio partito». Poi, quando gli è stato chiesto se è disposto a fare un passo indietro, ha risposto: «No, non è così». Varrebbe la pena di soprassedere. Il problema, tuttavia, è che le esternazioni dell’ex premier e le decisioni che assumerà, qualunque esse siano, sono profondamente intrecciate e condizionano i futuri assetti ed equilibri partitici. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Antonio Polito.
Lei che idea si è fatto dell’intervento di Berlusconi alla presentazione dell’ultimo libro di Vespa?
Va notato, anzitutto che prima ha candidato se stesso, poi Alfano, poi Monti, infine ha aggiunto che potrebbe ritirarsi; insomma, è diventato poco credibile. Francamente, non vedo nelle sue mosse più alcuna strategia.
Allora, da cosa è mosso?
Semplicemente sta navigando a vista. Anche se, rispetto ad alcuni giorni fa, va sottolineata una maggiore cautela sull’ipotesi di una sua ricandidatura.
Come mai?
Accanto alle reazioni negative, la più determinante è stata quella della Lega, senza la quale il Pdl resterebbe isolato, e non avrebbe alcuna chance di perseguire il proprio obiettivo: conquistare la maggioranza in Veneto e in Lombardia, decisivi per rendere il Senato ingovernabile e potersi sedere al tavolo della trattativa assieme al vincitore per beneficiare di qualche posto al governo se non, addirittura, per imporre la grande coalizione. Non è un caso che Berlusconi, ieri sera, abbia contestualmente minacciato il Carroccio; non solo di rifiutargli la candidatura di Maroni in Lombardia, ma anche di mettere in discussione la tenuta delle giunte di Veneto e Piemonte.
Ha parlato di altre reazioni. Quali?
C’è stata un’alzata di scudi internazionale affinché non si ricandidi, e una netta presa di distanze del Partito Popolare Europeo. Infine, una fetta consistente del partito ha lasciato esplicitamente intendere che, se non ci saranno cambiamenti, lo abbandonerà.
La minaccia di Berlusconi non potrebbe obbligare la Lega a una resa?
Non credo. Il partito, ormai, lotta per la sopravvivenza e seguirà i suoi elettori. In ogni caso, posto che non è detto sparisca dal Senato, entrerà di sicuro alla Camera; e, comunque vada, di tornare in Parlamento gliene importa ben poco.
Di cosa gli importa, allora?
Della Lombardia. Se dovesse conquistarla, governando già Veneto e Piemonte, avrebbe di fatto dato vita alla macroregione del nord.
Il (presunto) passo indietro cosa comporterà per gli equilibri interni al Pdl?
Una parte spera semplicemente di cambiare nome, candidare Alfano, e lasciare tutto invariato; un’altra porzione, semplicemente, vorrebbe andare per conto proprio, e salvaguardare la propria identità come gli ex An. Infine, c’è chi spera che le dichiarazioni di Berlusconi rappresentino l’avvio di un dialogo con Monti; e che l’attuale premier diventi il candidato di tutti i moderati. Tuttavia, è difficile immaginare che si schieri così apertamente.
Se Monti non si candida cosa farà quest’ultima fetta di Pdl?
Se il Pdl si manterrà sull’attuale linea antieuropeista, uscirà dal partito, pur rimanendo nel centodestra, ma con posizioni diverse.
E se Monti si candida, ma con il centro?
Seguirà Monti. Mario Mauro, capogruppo italiano del Partito Popolare Europeo, del resto, è stato di una chiarezza estrema: la linea del Ppe è europeista. Chi ne fa parte, non può militare, contemporaneamente, in un Pdl dichiaratamente antieuropeista.
(Paolo Nessi)