Pierluigi Bersani incontrando la stampa estera ha toccato molti dei punti con cui sta impostando la sua campagna elettorale. Dal “nemico” da battere (individuato nel populismo, in Berlusconi, nella Lega Nord e in Beppe Grillo) alle possibili aperture verso il centro (quasi scaricando Vendola) a Monti, a cui vorrebbe offrire un posto nel futuro governo in caso di vittoria. Una vittoria di cui peraltro si sente molto sicuro, come lui stesso ha detto (“Dalle prossime elezioni politiche uscirà una chiara maggioranza parlamentare e non ci sarà rischio di frammentazione politica”). Non si dichiara entusiasta delle parole di Bersani Ugo Finetti, contattato da Ilsussidiario.net, che le definisce ancorate “a una logica della demonizzazione dell’avversario, una chiamata alle armi contro il pericolo incombente del fascismo”. Un atteggiamento, spiega, sbagliato. A riprova della novità positiva che rappresentava Matteo Renzi.



Bersani ha detto esplicitamente che le elezioni rappresentano una sfida: rinnovare la democrazia contro il pericolo rappresentato da Berlusconi, dalla Lega Nord, da Beppe Grillo e dal populismo.

Mi sembra che vedere sempre le elezioni come una scelta tra democrazia e non democrazia sia sbagliato.

Che cosa intende esattamente?



Siamo ancora in una logica di demonizzazione dell’avversario, un passo indietro rispetto alla campagna elettorale che fu quella del 2008. Sembra di tornare alla campagna elettorale del 1948 con gli stessi toni da 1948. Questa è un linguaggio che richiama al pericolo sempre incombente del fascismo. Sono cose trite e sbagliate. Si vede ancora di più la novità positiva che era Renzi.

Cioè?

Renzi si presentava come uno che metteva da parte i toni da guerra civile, mentre, purtroppo, Bersani si muove in quel senso definendo la democrazia in pericolo. Il problema è invece affrontare le posizioni antagoniste per quello che sono. Uno può contestare l’antieuropeismo e i contenuti di politica economica, ma evidentemente Bersani ha difficoltà ad andare su un confronto sui contenuti e preferisce un confronto sulle pregiudiziali.



Riguardo all’articolo 18 ha invece detto che non verrà toccato.

Questo di non cedere alle pressioni, di rimettere in discussione ciò che Monti ha fatto a riguardo del mercato del lavoro, è invece certamente un atteggiamento positivo.

Che inevitabilmente andrà a contrastare con i sindacati, però.

Se tiene questa posizione significa che resiste a delle pressioni sindacali che sono poi quelle della Cgil e della Fiom. Meglio così, se ci riesce. Ripeto, questo è un aspetto positivo delle sue parole.

Riguardo a Monti, ha invece promesso al capo del Governo un posto nella futura maggioranza in quanto “figura chiave”.

 

Ecco, questo è un atteggiamento abbastanza sprezzante. Come se il problema di Monti fosse quello di farsi offrire un posto di lavoro. Mantiene in modo più urbano  lo stesso atteggiamento che in modo meno urbano aveva espresso D’Alema quando disse che la sua generazione i professori li contestava e non andava a prendere lezioni da loro.

 

Un atteggiamento riduttivo, si può dire?

 

Sì, ma c’è anche confusione: una settimana fa Bersani ipotizzava per Monti la presidenza della Repubblica, adesso lo ha declassato a possibile suo ministro. Mi sembra che sia una cosa stravagante. Berlusconi che lo ha sfiduciato lo indica come possibile leader di una coalizione anti Bersani, e Bersani, che accusa Berlusconi di aver sfiduciato Monti, dopo averlo candidato al Quirinale dice: gli trovo un posto nella compagine ministeriale.

 

Lo stanno un po’ tutti tirando per la giacchetta in questo momento.

 

Quello di Bersani non è un tirarlo per la giacchetta, è un atteggiamento da marcia indietro rispetto alla candidatura al Quirinale. Evidentemente hanno preso altri impegni per il posto da capo dello Stato…

 

Tra le altre cose Bersani parla di apertura al centro, in questo modo sembra prendere un po’ le distanze da Vendola.

 

Credo che questa sia la linea più giusta per Bersani se vuole tentare di venirne fuori. Vendola ha una ipoteca estremistica, è uscito male dalle primarie dove è stato molto ridimensionato, e quindi Bersani si sente meno subordinato al leader di Sel. Cerca di aprire un dialogo con Casini, perché se riesce a fare un accordo con lui ha la vittoria in tasca di fronte alla possibile riaggregazione del centro; che può esserci o per iniziativa di Berlusconi o di Monti. Cerca cioè di sottrarre Casini a una possibile convergenza di centro. Il pericolo principale per Bersani è infatti che si ricomponga una nuova aggregazione di centro e perciò cerca di smantellarla. 

 

Offrire un posto a Monti poi significa praticamente escludere Vendola, o no?

 

Infatti, ma il problema di Bersani mi sembra che sia quello di avere un approccio da offerente di posti di governo e basta. E’ un approccio degradante: Monti lo faccio ministro, a Casini do il Senato…

 

Si sente sicuro di vincere, evidentemente.

 

Su questo ha probabilmente ragione, parte molto avvantaggiato rispetto agli altri. Ha però un approccio fragile. Si rivolge agli altri interlocutori da un lato demonizzandoli e dall’altro allettandoli con posti di governo. Non è un bell’approccio. Oggi bisogna piuttosto dare una lettura della crisi che stiamo attraversando e uno che si propone di guidare il paese dovrebbe dare proprio questa lettura, invece di chiamare alle armi e offrire posti di governo.