Va notata una certa coerenza, da parte di Berlusconi, nel continuare a dire una cosa e il suo esatto contrario; e non dalla sera alla mattina, o nell’arco di poche ore ma, addirittura, nell’ambito dello stesso ragionamento (come alla presentazione del libro di Vespa: «se Monti si candida, sono pronto a ritirami». Quindi, lei è disposto a un passo indietro?, gli chiedono. «No, non direi»). Bisogna ammettere, infatti, che sta mantenendo la linea. Dice e disdice, propone e rettifica, afferma e si smentisce. Ma lo fa con sistematicità e dedizione. «Ai colleghi del Ppe ho ribadito di aver chiesto al professor Monti di essere il riferimento dei moderati, di un vasto rassemblement dei moderati», ha di recente ribadito. Ma – ha aggiunto -, per il momento, «resto in campo». Con Luciano Ghelfi, giornalista del Tg2, abbiamo cercato di capire se in tutto ciò vi sia una qualsivoglia ratio.
C’è una qualche strategia dietro le esternazioni di Berlusconi?
Ogni pensiero, in questa fase, è lecito. Anche ipotizzare che, dietro questo suo movimentismo, ci sia l’intenzione di scompaginare le carte in tavola, specialmente nel campo degli avversari, per costringerli ad esporsi.
A chi si riferisce?
In particolare, al Pd. Oggi è obbligato a dichiarare pubblicamente che, se Monti scendesse in campo, non potrebbe appoggiarlo. Negli ultimi tempi, infatti, ha puntato in maniera troppo decisa sul segretario. L’intervista sul Corriere della Sera di Massimo D’Alema in cui sconsiglia al premier di candidarsi è particolarmente significativa. E’ dovuto intervenire l’esponente più prestigioso del partito, dopo il segretario, per fermare l’operazione e far presente che il Pd farebbe di tutto per impedirla. D’altro canto Monti candidato e appoggiato dai democratici escluderebbe Bersani dalla corsa per Palazzo Chigi.
Il Pd potrebbe pur sempre candidarlo alla presidenza della Repubblica.
L’offerta del Pd, verosimilmente, è proprio questa. Ma a patto che Monti resti fuori dalla competizione. Anche perché, se si candidasse a premier, non potrebbe più aspirare al Colle, sia in caso di vittoria che di sconfitta. In questo schema ci potrebbe essere un’intesa di massima per sostenere la sua corsa al Quirinale. E’ anche vero che Monti è identificato in maniera plebiscitaria dall’Europa come la soluzione migliore; il Pd deve necessariamente tenerne conto.
Nel centrodestra, dopo le frasi di Berlusconi, le varie scissioni potrebbero rientrare?
Se l’ipotesi è quella di un appoggio a Monti, si potrebbe evitare la scissione dei filomontiani, da Mario Mauro a Sacconi e Pisanu. Potrebbero continuare ad essere tentati dalla scissione, invece, alcuni tra gli ex An. Sicuramente, la Lega non entrerebbe nella coalizione.
E’ verosimile che Monti decida di farsi appoggiare dal centrodestra, sapendo perfettamente che il passo indietro di Berlusconi non sarà mai sostanziale?
Non c’è dubbio che, effettivamente, il premier stia facendo parecchia resistenza. Avrebbe preferito tenersi fuori dal gioco, come riserva della Repubblica, specialmente in caso di pareggio alle elezioni. Ma ci sono pressioni internazionali e da parte del mondo economico perché prenda esplicitamente parte al gioco. Nella stragrande maggioranza della cancellerie occidentali Monti è più rassicurante di qualsiasi altro candidato.
Crede che Berlusconi stia cercando di danneggiare il centro?
Indubbiamente. E, se Monti accettasse l’offerta, il centro, nei sondaggi sempre più in calo, sarebbe costretto ad un’alleanza con Berlusconi; che, dal canto suo, prenderebbe pur sempre più voti di Casini, Montezemolo e Fini.
Non crede che il centro, a quel punto, possa correre da solo?
No, sarebbe costretto all’alleanza dall’Europa. E, in particolare, dal Ppe; il quale, attraverso l’operazione con cui ha fatto intervenire Monti alla propria assemblea, ha indicato chiaramente chi dovrà essere il leader dei moderati. Non dobbiamo dimenticare che il presidente del Consiglio, al seminario del Ppe a Fiesole, disse di sentirsi estremamente vicino ai valori del partito.
Non ritiene che Monti preferirebbe candidarsi con il centro? E che, a quel punto, i montiani del Pdl lo seguirebbero comunque, lasciando il partito di Berlusconi dimezzato e costretto ad allearsi con la Lega?
Non credo. La richiesta dall’Europa è un altra. Certo, potrebbe anche finire così; ma per avere qualche chance di vittoria, servono i voti di Berlusconi. Il centro, con Monti candidato, prenderebbe al limite il 20 per cento.
(Paolo Nessi)