Si è preso tempo per pensare, capire come evolverà il quadro politico e soppesare tutte le variabili in gioco. Poi, potrebbe sciogliere le riserve, e annunciare una sua candidatura a Palazzo Chigi. Potrebbe. Perché Mario Monti non ha mai detto, pubblicamente, di aver preso in seria considerazione l’ipotesi. Semplicemente, ha ammesso di non escluderla. Quel che sarà fondamentale, è l’ambito politico entro cui deciderà di competere. Se, fino a pochi giorni fa, sembrava scontato che l’unico in grado di accoglierlo fosse il centro, con cui si sarebbe alleata buona parte del Pdl che non ha digerito le recenti prese di posizione del partito, le recenti dichiarazioni di Berlusconi scompaginano notevolmente le carte. Al netto dei suoi rapidi cambiamenti di posizione, sta di fatto che ha dichiarato che se Monti si candidasse come leader del centrodestra, lui farebbe un passo indietro. Ieri, inoltre, ha ribadito che solo il Pdl sarà in grado di ricompattare il mondo dei moderati. Abbiamo chiesto a Ferdinando Adornato, presidente della Fondazione Liberal e deputato dell’Udc, che scenari si prefigurano.
Come valuta l’ipotesi di Monti candidato premier?
E’ indubbiamente auspicabile che continui a fare il presidente del Consiglio. Sarebbe insensato interrompere un’esperienza che ha riportato l’Italia in pista in Europa e l’ha salvata dal baratro. Tuttavia, alla sua eventuale discesa in campo, si frappongono una serie di ostacoli dettati, prevalentemente, dal Pdl e dal Pd, che hanno rimosso le condizioni affinché potesse rimanere super partes.
Cosa intende?
Sia Alfano che Bersani lo hanno messo da parte, affermando che la sua esperienza politica ha rappresentato una semplice parentesi. Il primo addirittura ha avvicinato, anche se di poco, la fine della legislatura. Non dimentichiamo inoltre le parole di D’Alema, che sul Corriere della Sera si è addirittura spinto a definire l’ipotesi immorale; parole del tutto sproporzionate, ovviamente. La scelta, infatti, sarebbe del tutto legittima. Se entrambi i partiti hanno deciso di archiviarlo, è evidente che le condizioni per restare super partes non sussistono più. E, a questo punto, non si può di certo pretendere che non si senta libero di prendere le decisioni che ritiene più opportune.
Berlusconi ha fatto sapere di essere disposto un passo indietro, a patto che Monti si candidi a leader del centrodestra.
Il Pdl è attraversato, così come la sinistra, da correnti che hanno a cuore la responsabilità nazionale e da correnti che si caratterizzano per un uso più disinvolto della demagogia. In entrambi gli schieramenti c’è chi spera nel ritorno di Monti e chi no. Berlusconi, in sostanza, sta cambiando posizione ogni giorno perché cerca di tener conto di entrambe le anime del suo partito. Un atteggiamento francamente poco serio.
A questo punto, secondo lei come potrebbe evolvere lo scenario?
C’è da sperare che le forze che si ispirano al criterio della responsabilità decidano di uscire allo scoperto e di appoggiare esplicitamente Monti.
In molti, nel Pdl, lo hanno fatto.
E’ opportuno che dalle dichiarazioni si passi ad un progetto elettorale. Non è più il tempo di privilegiare l’unanimità del partito. Occorre che ciascuno, in sostanza, si prenda le proprie responsabilità. Da questo punto di vista, la posizione del centro è sempre stata quella di un appoggio netto ed esplicito ad un secondo mandato Monti. Chi, nel Pdl, è d’accordo con questa impostazione, troverà il modo di unirsi elettoralmente alla liste che proporranno tale progetto.
E se Monti decidesse di candidarsi per il centrodestra?
Il comportamento politico di Monti non è compatibile con quello di Berlusconi.
Lei non crede al passo indietro di Berlusconi?
Credo che non sia questo il punto. Il problema è che non è più tempo di compromessi e giravolte. Quel che è certo, è che quanto accaduto al vertice del Ppe, ha avuto il sapore dell’investitura di Monti da parte della famiglia popolare europea. E potrebbe rappresentare il primo passo verso la costruzione di un progetto che Berlusconi ha tradito.
(Paolo Nessi)