Cogliere il senso delle dichiarazioni di Napolitano è utile per capire come potrebbe evolvere lo schema politico. Ricapitolando: lunedì, nel suo saluto alle alte cariche dello Stato, si era rammaricato per la conclusione precoce della legislatura e per le dimissioni di Monti. In seguito, Federico Geremicca, dalle colonne de La Stampa, aveva svelato il raffreddamento dei rapporti tra il premier e l’inquilino del Colle. Quest’ultimo, inviando una lettera al quotidiano, gli aveva replicato: «Tra me e il presidente del Consiglio non si è consumata alcuna frattura», precisando come le elezioni anticipate dipendessero dalla decisione del Pdl di sfiduciare, di fatto, il governo. Napolitano, infine, aveva ribadito che solo a lui spetterà il compito di conferire l’incarico al prossimo presidente del Consiglio. Escludendo che vi sia alcuna ipotesi precostituita e che per principio vada affidato al leader del primo partito. Ogni decisione «nascerà dalle consultazioni post elettorali». Abbiamo chiesto a Ugo Finetti come interpretarle parole del capo dello Stato.



Come vanno lette nel suo insieme?

Napolitano ha manifestato la sua contrarietà alla piega assunta dagli eventi. In particolare, perché si andrà a elezioni senza che i partiti siano riusciti a modificare la legge elettorale e senza varare provvedimenti significativi per tagliare i costi della politica. Con l’anticipo delle urne e l’eventuale discesa in campo di Monti, inoltre, si profila un’alterazione del disegno originale del capo dello Stato, a cui si deve il parto della strana maggioranza, l’alternativa alla quale era il ribaltone o il precipitare a elezioni anticipate. Un disegno che prevedeva, fino all’ultimo, un quadro di garanzia, da lui fortemente voluto.



Perché ci ha tenuto più volte a ribadire che sarà lui a conferire l’incarico al futuro premier?

Il suo carattere particolarmente pignolo lo ha spinto a fare alcune precisazioni volte a stabilire dei punti fermi dal punto di vista costituzionale. Tanto per cominciare, siamo pur sempre in una Repubblica parlamentare. Quindi, l’incarico va conferito a chi è in grado di disporre, alla Camera e al Senato, di una maggioranza.

Poniamo che Monti decida di candidarsi con il centro. E che, anche grazie a un certo smottamento nel Pdl, riesca a rendere impossibile al Pd la creazione di una maggioranza al Senato.



Se dopo le elezioni ci fosse una trattativa tra Monti e Bersani affinché il primo vada a Palazzo Chigi, il premier procederebbe con le consultazioni. Se emergesse l’esistenza di una maggioranza parlamentare riunita sotto questa ipotesi, ne prenderebbe atto e conferirebbe l’incarico al premier. Non dimentichiamo, in ogni caso, che qualunque scenario potrebbe essere alterato dalla presenza di Grillo.

Addirittura?

Lui sta dando vita a tutte queste epurazioni perché vuol disporre di un gruppo parlamentare, alla Camera e al Senato, da poter comandare con un sms. Se avesse, complessivamente, un centinaio di parlamentari, rappresenterebbe un grosso problema. E potrebbe accreditare un personaggio a sorpresa, come fece Pannella nel 1992 nei confronti di Scalfaro. Qualunque accordo tra Bersani e Berlusconi per la scelta del capo dello Stato, per esempio, potrebbe saltare.

Tornando a Napolitano: Monti non è stato sfiduciato. E ha comunicato le sue intenzioni di dimettersi al Colle. Il Parlamento è stato informato dai giornali. A tal proposito, Marcello Pera rilevava come sarebbe stato opportuno e doveroso inaugurare, quantomeno, un dibattito parlamentare

Certo, c’era da attendersi un rinvio alle Camere. Tuttavia, benché si tratti di un episodio singolare, non mi pare che si possa ravvisare alcuna eccezione di costituzionalità. Non dimentichiamo che la decisione di Monti di dimettersi è stata finalizzata alla salvaguardia della legge di stabilità. In caso contrario, probabilmente il Pdl non l’avrebbe votata.

Cosa crede che farà Monti, alla fine?

Attualmente, lo scenario è piuttosto fumoso. Tutte le opzioni in ballo presentano diversi elementi di criticità. Al centro, pare vi siano più generali che soldati. E a destra, resta il problema della presenza di Berlusconi. Difficile, quindi, comprendere con chi deciderà di correre per Palazzo Chigi, e in che termini. Ovvero, se a capo di una lista, di una coalizione, candidansi oppure no.

 

(Paolo Nessi)