Una costituente per riformare il sistema giudiziario in Italia. E’ la proposta del procuratore antimafia, Pietro Grasso, che si candiderà con il Pd alle prossime elezioni politiche. Ilsussidiario.net ha intervistato Luciano Violante, ex presidente della Camera e della Commissione parlamentare antimafia.

Quanto è praticabile l’idea di una costituente per riformare la giustizia proposta da Grasso?



Grasso sostiene un programma che non rappresenti una sola parte politica, ma coinvolga il maggior numero di interlocutori. E’ un’idea condivisibile; spero si possa realizzarla.

Quali adesioni potrebbe ottenere il progetto di Grasso all’interno di Pdl e partiti di centro?

Naturalmente dobbiamo valutarla anche noi. Il centro potrebbe aderire. Diverso è invece il caso del Pdl, per lungo tempo condizionato dai problemi giudiziari del suo presidente. Anche nel Pdl ci sono però forti intelligenze che potrebbero fornire un contributo positivo.



La proposta di Grasso va nella direzione di velocizzare la giustizia. C’è qualcuno che potrebbe ragionevolmente opporsi?

Le persone oneste no. Ma nessun colpevole vuole velocizzare la giustizia. Non è quindi detto che questo sia un interesse condiviso. In realtà vedo anche un’altro punto prioritario.

Quale?

Prima di riscrivere le norme, occorrerebbe comprendere per quale motivo esiste uno scarto di produttività enorme tra un ufficio giudiziario e l’altro. A parità di leggi, lo stesso tipo di processo in alcuni tribunali dura il triplo del tempo rispetto ad altre sedi. Prima di mettere mano alle norme occorre quindi una rapida ed efficace indagine conoscitiva per capire per quale motivo, con le stesse leggi, a Caltanisetta, Reggio Calabria o Messina si impiega il doppio o il triplo del tempo per arrivare a una sentenza rispetto a Torino e Milano.



Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni hanno parlato di riformare la giustizia, ma nessuno c’è riuscito. Per quale motivo?

Il conflitto tra centrodestra e centrosinistra nasceva soprattutto dalla riforma della giustizia. Basti pensare alle leggi ad personam, al falso in bilancio, alla riduzione della prescrizione. Queste tensioni sono state certamente un impedimento a una visione strategica della giustizia.

Quindi se la riforma della giustizia non è stata portata a termine è solo colpa di Berlusconi?

Non parlo di colpe. Va fatto un discorso più ampio. sulla attuale collocazione del potere giudiziario all’interno del sistema di governo. Nel 1948, quando è stata promulgata la Costituzione, la magistratura era alla periferia del sistema. Oggi al contrario occupa il centro del sistema, non per prevaricazione, ma perché così sono andate le cose in tutto il mondo occidentale: alla crescita del numero delle leggi e alla espansione dei diritti ha corrisposto un aumento del peso sociale e istituzionale delle diverse magistrature e, naturalmente, di tutti i professionisti del diritto: avvocati, notai, commercialisti. C’è chi parla di giuristocrazia. Serve una riflessione profonda su questo cambiamento, garantendo però sempre autonomia e indipendenza a tutte le magistrature.

In che senso nel ’48 la magistratura era la periferia del sistema, mentre oggi ne è diventata il centro?

Quando è nata la nostra Costituzione, la magistratura si occupava di problematiche meno importanti rispetto a quelle che affronta oggi. Il grande potere spettava al Parlamento e ai partiti, mentre i giudici contavano relativamente poco nell’ordinamento. Progressivamente però è calato il peso del Parlamento e dei partiti politici,  si sono moltiplicati i conflitti sociali, sono nati grandi fenomeni criminali come il terrorismo, la mafia e la corruzione, uomini politici sono stati coinvolti nel crimine. La magistratura è stata costretta a occuparsi di questioni  scottanti e ha conquistato il centro della scena politica. E’ un problema che seppure in termini diversi  da Paese a Paese si pone in tutte le democrazie occidentali.

Qual è il motivo profondo di questo spostamento del baricentro istituzionale? 

C’è una grande incertezza delle leggi, un dato di fatto che consegna ai magistrati un potere molto vasto. Non è colpa dei giudici; ma é il Parlamento che approva leggi contraddittorie, instabili e non chiare.

E quindi?

L’incertezza del diritto toglie ai cittadini la prevedibilità delle conseguenze giuridiche delle loro azioni e consegna alla magistratura il potere di stabilire in modo abbastanza libero quali sono le regole che vanno applicate di volta in volta. Anche in questo caso in certo non per colpa dei giudici, che sono obbligati a fornire una risposta di fronte a una richiesta dei cittadini. Ma proprio questo aumento smisurato di potere deve consigliare a tutti i magistrati rigore, prudenza e autocontrollo. Non tutti seguono questa linea.

 

(Pietro Vernizzi)