E’ stata una botta a freddo, per Silvio Berlusconi, una “mascalzonata” della Lega Nord di Maroni che il fondatore del Popolo delle Libertà non aveva (forse?) calcolato. E così, mentre alla fine di una giornata già intensa in cui Berlusconi aveva speso parole pesanti contro la “congiura” che sarebbe stata ordita ai suoi danni dal nuovo grande nemico Monti e dai poteri forti, in Europa e in Italia, che lo sostennero in occasione della caduta del suo governo, il leader del Pdl è stato colto di sorpresa da un’altra congiura da parte di persone “orrendissime”. La pugnalata è arrivata dalla Lega Nord, per mano di un Calderoli che all’uscita della residenza di via Rovani, teatro della riunione fiume, se ne è andato intabarrato e senza sorriso, ma soprattutto senza dire nemmeno una parola. Maroni non c’era. Berlusconi esce poco dopo, una battuta sul cappello da mettere in testa “Bello, no? Almeno tiene caldo”, il solito comizietto a favor di telecamera e poi, ermetico, “dobbiamo riflettere su una serie di cose che proprio non sono accettabili”. La cosa in realtà è una, ma le vale tutte e anche di più: la Lega di Maroni ha chiesto su un piatto la testa di Silvio Berlusconi. Un ennesimo teatrino elettorale? Macché. Luciano Ghelfi, giornalista politico del Tg2, dopo aver verificato in modo molto attento notizie e rumors, e dopo aver almeno chetato la suoneria del suo cellulare ormai bollente, arriva a tutt’altra conclusione: “questa volta è una cosa seria. Si sta giocando una partita politicamente arditissima al rialzo da ambo le parti, nello spazio di poche ore sapremo come cambierà il quadro politico, ma stavolta ci saranno vincitori e vinti. Berlusconi dovrà fare bene i suoi conti”.



Era un segnale il fatto che non ci fosse Maroni all’incontro?
Assolutamente sì. Ma credo che Berlusconi non si aspettasse davvero uno scenario del genere.

Non se l’aspettava Berlusconi oppure tutto il Pdl?
Berlusconi. Teoricamente non escludo che possa esserci stata qualche forma di contatto tra Maroni ed Alfano prima di questa sera. I due si conoscono e si stimano, hanno collaborato nell’esperienza di Governo, non hanno perso occasione di scambiarsi apprezzamenti sinceri in occasione della nomina a segretario dei rispettivi partiti e Maroni in particolare aveva detto che con Alfano avrebbe lavorato molto bene. L’asse tra i due è nei fatti, anche per motivi generazionali.



E ora cosa succederà?
Maroni deve dimostrare ai suoi elettori (e non solo) che l’accordo con il Pdl lo fa alle condizioni della Lega. Senza compromessi. E le condizioni della Lega si riducono a una: liberarsi della faccia troppo ingombrante di Silvio Berlusconi.

E l’ex-premier cosa farà?
Berlusconi deve scegliere. Può fare un passo indietro ed essere ancora protagonista, perché questo nessuno glielo può impedire, rimescolando le carte della partita politica, oppure andare avanti come un treno in una corsa che si comincia a rivelare davvero solitaria e nessuno sa davvero dove lo può portare.



Se si va alla rottura definitiva cosa succede?
Beh, succede che al Senato la maggioranza del Partito Democratico diventa matematica. La Lega Nord potrebbe sperare in un exploit al massimo in Veneto. In nessun altra regione. Non ce ne sarebbe più per nessuno e Bersani sbancherebbe.

Ma la Lega può correre per perdere?
Certo, l’ha già fatto nel 1996. Allora corse da sola, arrivò al suo massimo storico. La mitica “doppia cifra” con oltre quattro milioni di voti. Ci arrivò correndo in solitaria.

E a livello locale? Cadono davvero Piemonte e Veneto?

Credo che Maroni forzi anche perché è convinto che sarebbe un suicidio per il Pdl perdere altre due regioni con la prospettiva di una sconfitta anche alle politiche.

In tutto questo dobbiamo considerare Bossi totalmente fuori dai giochi?
No, io sono convinto che Berlusconi potrebbe chiedere un intervento a Bossi. Fino ad ora si è tenuto totalmente ai margini della vicenda, anzi, proprio in disparte dalla vita politica del suo partito, ma potrebbe tornare in gioco anche perché tra i leghisti c’è del malumore.

Perché tutta questa tensione?
Perché quella di Maroni è una scelta di arroccamento, fatta con l’obiettivo di aumentare i voti, ma che rinuncia ad entrare nelle stanze dei bottoni. C’è sempre qualcuno a cui questo non piace.

Anche a livello lombardo?
Si capisce. La questione lombarda è ovviamente molto importante e una grande parte della partita ruota intorno ad Albertini.

E’ così importante?
Certo, anzi, è proprio forse il fatto di non essere riuscito ad “imbrigliare” Albertini che ha fatto scattare il problema della leadership della coalizione con il Pdl dando alla Lega Nord gli argomenti per convincere anche i dirigenti più recalcitranti a chiedere a Berlusconi di passare la mano.

Ma Albertini lo può “fermare” qualcuno?

Ne dubito, è persona determinata, anzi, determinatissima. Però c’è anche da tenere in conto una cosa: Albertini ha “quasi” rotto con il Pdl, e da un certo punto di vista potremmo definirlo il candidato “di Monti” in Lombardia; però…

Però?
Le rispondo con un tweet di Roberto Formigoni: “La Lega si conferma: nulla dà e tutto pretende. Viva Albertini Presidente!”.

E come lo dobbiamo interpretare?
Formigoni non ha mai visto di buon occhio il fatto di lasciare alla Lega il Pirellone, non è un mistero. E ora questo diventa uno strumento di pressione notevole, sia verso la Lega che all’interno del Pdl. Il rompicapo è notevolmente complesso, con tutte queste variabili in gioco la partita è estremamente aperta.

 

(Vittorio Crippa)