Sciolte le riserve, l’annuncio di Mario Monti è destinato a scompaginare parecchio la carte in tavola. La neo–aggregazione centrista, composta da una lista singola al Senato e da una coalizione di liste alla Camera, sta modificando gli assetti e le consuetudini preelettorali tradizionali. Oltre al fenomeno dei transfughi, che da entrambi gli schieramenti si stanno dirigendo verso il centro montiano, va notato un atteggiamento piuttosto insolito da parte di chi, in linea teorica, ne dovrebbe esserne antagonista. Il Pd, infatti, destinato a conquistare almeno Montecitorio, non sembra considerare il professore della Bocconi e le forze che lo sostengono un vero e proprio avversario, quanto un alleato in pectore. Del resto, non è un mistero che, se la coalizione di centrosinistra non guadagnerà pure il Senato, sarà obbligata ad accordarsi con Monti. Al quale Bersani potrebbe essere costretto a cedere il passo a Palazzo Chigi, magari in cambio dell’impegno dell’attuale premier a lasciargli il posto tra un paio d’anni. Luigi Bobba, deputato del Pd, ha partecipato, nel collegio elettorale di Vercelli, alle primarie del suo partito per il Parlamento. Non lascerà, quindi, Bersani. Tuttavia, ci spiega perché saluta positivamente la presenza di Monti nella prossima competizione.



Come valuta la decisione del premier?

Tanto per cominciare, dobbiamo considerare le premesse in base alle quali il governo tecnico si era insediato ormai più di un anno fa e il largo sostegno che, in una situazione di estrema emergenza, Monti aveva ricevuto. Si trattò di una fase in cui si produsse una sorta di superamento dei partiti, attraverso il cosiddetto governo del presidente. In tale circostanza, il Pd si è sempre mostrato leale, sostenendolo più di chiunque altro. Le nostre votazioni, infatti, a differenza di quelle del Pdl, sono sempre state omogenee. Considerando questi fattori, non escludo, quindi, che la discesa in campo di Monti possa aver destato qualche sorpresa, anche se, ormai, era nell’aria. Tuttavia, al di là della sua decisione, va fatta un’altra valutazione nel merito delle caratteristiche della nuova formazione.



Quale?

Credo che una forza di questo genere, che ha una chiara impostazione europeista, vuole un forte rinnovamento della politica e intende varare riforme che sono sempre state annunciate ma mai realizzate, possa rappresentare un importante contributo per il Paese.

Pure Bersani la pensa così?

Beh, ha detto chiaramente che il Pd è disponibile a collaborare. Spetterà a Monti e a chi lo sostiene decidere con chi intende condurre questo Paese fuori dalla crisi e dalle difficoltà.

Non crede che, dal punto di vista di Bersani, sarebbe addirittura conveniente che le liste che sostengono Monti acquisiscano un certo peso elettorale, in modo da poter arginare ed, eventualmente, abbandonare Sel?



Il percorso con Sel non credo che si possa disconoscere. Certamente, vista la gravità dei problemi, l’ampiezza delle riforme che occorre varare e la frammentazione in cui il Paese è stato lasciato, si rende necessario un governo il più possibile solido,  in grado di unire tutte le forze che abbiano un profilo riformista,  volto all’equità e alla crescita. L’azione del prossimo governo dovrà essere estremamente vigorosa e robusta, e dar vita a tutto quello che non è stato fatto in dieci anni in termini di diseguaglianze, sviluppo e equilibrio dei conti.

Non crede che Sel, nell’ipotesi di alleanza con il centro, si sfilerebbe dalla coalizione?

Guardi, anche in tal caso Bersani è stato chiaro: se anche il Pd non si dovesse trovare in una situazione di difficoltà (se, cioè, conquistasse, oltre alla Camera, il Senato) aprirebbe comunque un dialogo con le forze del centro moderato, perché gli impegni sottoscritti con l’Unione europea e la difficoltà a gestire in tempi rapidi riforme incisive ne richiedono il coinvolgimento. 

 

(Paolo Nessi)