Ci hanno provato tutti a farlo desistere. Letta, Confalonieri, la figlia Marina, il sondaggista di fiducia, i dirigenti del partito, falchi e colombe. Pure la Zanicchi. Sarebbe una catastrofe, gli hanno spiegato: per le aziende, per il partito, per l’Italia. Niente da fare. Berlusconi sta covando la sesta discesa in campo. Che poi, se le primarie le avesse vinte Renzi, qualche possibilità che accettasse il buen retiro a Malindi c’era ancora. Con la vittoria di Bersani, invece, l’ex premier pare aver trovato il pretesto decisivo per ricandidarsi. Abbiamo chiesto a Mario Mauro quali prospettive si prefigurano.
Pare che Berlusconi voglia ricandidarsi
Credo che l’opzione preferibile sia un’altra
Quale?
Si dovrebbe candidare il segretario che, per decisione unanime, sancita da un consiglio nazionale a cui era presente lo stesso Berlusconi, avrebbe dovuto rappresentare il punto di riferimento del partito.
Eppure è stato lo stesso Alfano a premere per le primarie
Le ha indicate perché non ha ritenuto opportuno essere legittimato esclusivamente da una decisione degli organi del partito.
Quindi?
Le primarie sono pur sempre un’opzione valida. A questo punto, di conseguenza, ci sono due alternative: si possono indire, così come è stato annunciato; o si possono ritirare, ratificando la candidatura del segretario a presidente del Consiglio.
E se Berlusconi e Alfano si sfidassero alle primarie?
Perché no?
Come mai, in ogni caso, ritiene preferibile la candidatura di Alfano a quella di Berlusconi?
Il suo profilo risulta meno ostativo rispetto alla possibilità di indire alleanze che diano una prospettiva di vittoria al centrodestra.
Eppure, l’Udc, all’indomani dell’annuncio del passo indietro di Berlusconi, affermò che non avrebbe comunque accettato l’alleanza con un Pdl in cui l’ex premier avesse continuato ad avere un’influenza significativa. Ora: siccome è impensabile che Berlusconi si ritiri a vita privata, o che la sua presenza nel Pdl non risulti ingombrante, non crede che l’alleanza con Casini sarebbe comunque impraticabile?
Se il candidato fosse Alfano, non si potrebbe certo dire che il partito è ancora nelle mani di Berlusconi.
Secondo lei, con Berlusconi candidato, l’alleanza con la Lega resterà l’opzione obbligata?
Non necessariamente. La Lega, come condizione necessaria per l’alleanza, ha chiesto al Pdl di staccare la spina al governo Monti, fin dal primo giorno del suo insediamento.
Nel frattempo, tuttavia, è subentrata la vicenda lombarda. Se il Pdl concedesse la Lombardia a Maroni, il Carroccio accetterebbe l’alleanza alle politiche?
La caduta del governo resta la condizione prevalente. Oltretutto, nel momento in cui il Pdl concedesse la Lombardia alla Lega, il Pdl si spaccherebbe. Il nostro candidato già c’è, si chiama Albertini e sta facendo campagna in Lombardia.
L’ipotesi di scissione degli ex An resta verosimile?
E’ un tema che non mi appassiona. Abbiamo fatto il Pdl; per me, quindi, non esistono “ex”.
E la lista personale di Berlusconi?
La riterrei un tragico errore. Come tutto ciò che aumenta la frammentazione del Pdl. Per evitarla e per assumere una prospettiva vittoriosa, non dobbiamo compiere gli errori della sinistra.
Che errori?
Non ha saputo riformarsi, tant’è vero che il candidato premier della coalizione sarà Bersani.
Voi, invece, cosa dovreste fare per riformarvi?
Candidare una persona in grado di destinarci alla vittoria.
Non crede che il rinnovamento dovrebbe prodursi anche sul fronte dei contenuti programmatici?
Il contenuto di riforme del Pdl non è sbagliato. Semplicemente, dovrebbe essere applicato. E, declinato secondo le necessità dell’attuale fase storica ed economica. Il nostro problema, quindi, consiste nel dar vita ad una forma di aggregazione ove non prevalgano i personalismi, ma in cui si persegua l’obiettivo di realizzare le intuizioni riformiste.
(Paolo Nessi)