Intervenendo a Strasburgo di fronte al Parlamento Europeo, il presidente del Consiglio italiano Mario Monti ha relazionato sulla situazione in cui versa attualmente il nostro paese. Ha fatto, anzitutto, presente che, benché la situazione sta estremamente complessa, siamo ormai incardinati sui binari che ci trascineranno fuori dalla crisi. Questo perché – ha aggiunto – siamo determinati a portare rapidamente a termine le riforme strutturali necessarie e a giungere in tempi ragionevoli al pareggio di bilancio. Il premier si è inoltre detto convinto di come stiamo uscendo da quella «zona d’ombra» in cui molti ci consideravano fattore di contagio per l’intera eurozona. Soffermandosi sulla responsabilità che avverte in quanto italiano – e in quanto italiano verso l’Europa -, ha spiegato che la situazione alla crisi è a portato di mano. Sarebbe sufficiente, secondo Monti, recuperare lo spirito comune di appartenenza all’Unione. In uno dei passaggi più significativi della sua audizione, ha messo i guardia dai rischi di un euro come origine di divisione. «Tutto possiamo permettere – ha dichiarato – ma non che l’euro diventi un fattore di disintegrazione europea, perché questo rischio c’è». Secondo il professore della Bocconi, in particolare, alcune criticità legate alla divisa unica hanno condotto ad una concezione tale per cui esistono Stati del nord virtuosi e stati del sud Europa pericolosi per la sicurezza dell’area. Tuttavia, non esistono, in questo frangente “buoni” e “cattivi”; tanto più che, come ha ricordato, furono Francia e Germania, con la complicità del nostro che allora presiedeva l’Ecofin, «all’origine della crisi del Patto di stabilità e crescita». Il che indebolì la disciplina di bilancio. Fatte queste premesse, il capo del governo ha detto che tutte le nazioni dell’euro si devono sentire egualmente responsabili di quanto sin qui avvenuto e, contemporaneamente, guardare assieme al futuro, nell’ottica di «conciliare democrazia e integrazione». In tal senso, Monti ha rivolto un appello al Parlamento europeo, «unica istituzione eletta a suffragio universale in tutta Europa» affinché consolidi il proprio ruolo.
Il presidente del Consiglio, infine, tornando sulla scelta di non dare la garanzia dello Stato per la presentazione delle domanda di candidatura per le Olimpiadi del 2020, ha spiegato che è stata «una decisione difficile e non popolare» ma che, probabilmente, l’opinione pubblica ha capito.