Sulla riforma del lavoro il governo andrà avanti anche senza i partiti. Parola del ministro Elsa Fornero che ieri sera ha voluto rispondere all’avvertimento del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, secondo cui senza l’intesa con le parti sociali i democratici non pronunceranno un sì scontato. Il governo ribadisce ancora una volta quindi che l’obiettivo resta quello di una riforma organica entro fine marzo. Il dialogo continuerà, ma senza poteri di veto. «Certo, il nodo è piuttosto delicato – spiega Stefano Folli a IlSussidiario.net –, ma sono convinto che si farà di tutto per mantenere un consenso ampio e per non strappare il tessuto politico e sociale. D’altronde è nell’interesse del governo. Da parte sua, comunque, il Pd non ha annunciato una linea di opposizione, ha lasciato intendere invece il desiderio che venga rispettato un percorso di apertura che mantenga un ampio consenso. Se poi questo non potesse accadere l’esecutivo deciderà cosa fare. Di certo il risultato non potrà essere l’immobilismo. La riforma si farà».
In questa fase, tra i partiti che sostengono Monti, è il Pd a soffrire di più?
Certamente, anche se è il Pdl a mio avviso a essere ancora più minacciato nella sua base sociale. Monti sta intercettando e seducendo, infatti, quell’elettorato moderato che un tempo era di Berlusconi. Questo il Cavaliere l’ha capito prima dei dirigenti del suo partito: l’unico modo per limitare i danni è sostenere il governo, non fargli una guerra velleitaria.
Sul piano tattico perciò il Pdl ha un vantaggio nei confronti del Pd, anche se non è così su quello sostanziale, dato che il suo elettorato è in sommovimento. Un fenomeno che, tra l’altro, nemmeno la Lega Nord dovrebbe sottovalutare.
Nelle fila dei due principali partiti sembrano poi aumentare quelli che vorrebbero candidare Monti per il 2013?
La cosa non deve stupire. Stiamo parlando di partiti che oggi contano pochissimo nel Paese. I dati sulla possibile astensione sono impressionanti ed è evidente che senza una riforma le forze politiche non potranno essere nuovamente legittimate agli occhi del proprio elettorato.
In questo quadro non possiamo considerare Mario Monti un premier transitorio. Il suo ruolo e la sua credibilità crescono di giorno in giorno anche a livello europeo. Il rapporto che è riuscito a stabilire con l’Inghilterra poi lo rafforza enormemente e smentisce l’immagine falsa di “uomo della Germania” che qualcuno aveva dipinto. Oggi si candida ad avere un ruolo di raccordo tra le varie anime dell’Eurozona e i partiti non hanno altra scelta che far proseguire la sua esperienza di governo attraverso una larga coalizione. Dubito che troveranno un’alternativa in meno di un anno.
Il cosiddetto patto Abc (Alfano, Bersani, Casini) è un buon inizio in questo senso? Riuscirà secondo lei a riformare la legge elettorale e le istituzioni?
Al momento possiamo parlare soltanto dell’avvio di un’iniziativa interessante. Potremo prenderla sul serio quando verranno depositati in Parlamento un progetto di riforma e un calendario credibile.
Non mi sembra però che sia in corso un lavorio sfrenato e anche i tempi mi sembrano sufficienti solo per cambiare la legge elettorale, su cui per ora possiamo registrare una tendenza al proporzionale.
Anche secondo lei iniziano a vedersi i primi segnali della fine bipolarismo?
In parte sì, anche se occorrerà attendere alcuni passaggi politici importanti, come il voto alle amministrative.
A questo proposito, nei due schieramenti sta per sciogliersi qualche nodo politico importante?
Sono previste alcune partite cruciali per le forze politiche che potrebbero cambiare gli equilibri interni agli schieramenti. Il Pd, ad esempio, corre il rischio di vincere, ma con i candidati vendoliani.
Il Pdl invece dovrà risolvere i suoi problemi un po’ dappertutto. Senza dimenticare che la sfida di Palermo che sarà decisiva per il destino di Angelino Alfano…
(Carlo Melato)