Gli estremi dell’universo tripartito rischiano di frantumarsi sotto il peso del governo tecnico che sostengono; ovvero, mentre l’Udc sembra avere solo di che guadagnarci, Pdl e Pd, con l’essere entrati a far parte della maggioranza, rischiano di annullarsi in un’identità indifferenziata. E mentre il mondo (politico) di Berlusconi crolla, Berlusconi che fa? Si sposta da un lato. Osserva lo scorrere degli eventi, manda avanti Alfano e gli altri, rilascia dichiarazioni in giro per il mondo, se la intende con Monti, pensa a un nuovo partito per scaricare il vecchio e nicchia. «Non è una novità che decida di tenere in primo piano i suoi interessi – i suoi guai giudiziari e le sue aziende: la sua “roba, insomma” – e, adesso, sta semplicemente cercando la soluzione migliore per limitare i danni», afferma, raggiunto da ilSussidiario.net Fabrizio D’Esposito, firma politica de Il Fatto Quotidiano. L’ipotesi di una nuova formazione non è, effettivamente, da escludersi. «Nome, marchio e via dicendo sarebbero custoditi dalla sua “badante”, l’onorevole Maria Rosaria Rossi; la quale ha in mano la sua agenda, cosa che, in un partito che vanta ex ministri, governatori, amministratori e parlamentari, non poteva non suscitare un ulteriore afflato d’anarchia». Del resto, la vicenda Alfano rischia una misera archiviazione. «Circa un anno fa Berlusconi lo lanciò in pompa magna. Oggi, assistiamo al fallimento della sua gestione, testimoniata dalla decisione di Berlusconi di sganciare il suo nome dal partito». Con in congressi, cambia poco. «Al di là delle polemiche sui tesseramenti, hanno messo in luce come l’unica realtà radicata sul territorio sia quella degli ex An. Laddove sono state fatte alleanze con i ras locali, infatti sono stati vinti i congressi. Pur essendo minoranza sono i più organizzati».
Per il resto, secondo D’Esposito, la partita è ormai pressoché chiusa. «C’è poco da salvare. Tanto più che l’unico nome spendibile elettoralmente resta sempre quello di Berlusconi». Resta da capire come il suo futuro si intersecherà con quello di Monti. «L’ex premier vorrebbe, da un lato, dar vita al partito del professore della Bocconi, riformista e di destra; dall’altro vuole recuperare l’alleanza della Lega, due schemi agli antipodi». Ma qui, le ipotesi si affastellano. «Sia Monti che Passera sono visti come candidati premier, magari in competizione tra di loro. Tuttavia, in uno schema bipolare come quello attuale, difficilmente scenderanno in campo». Non resterebbero che i soliti noti: «gli sfidanti potrebbero essere Bersani (con la foto di Vasto) e Alfano (alleato con l’Udc e, magari, senza Lega)». Tuttavia, ci potrebbe essere un rimescolamento delle carte completo. «La partita del mercato del Lavoro, a sinistra, può provocare scissioni. E, se fino a sei mesi fa i vari Veltroni, Letta e Franceschini non avrebbero avuto un posto dove andare, oggi lo avrebbero nel partito di Monti».
Quindi: «se andremo incontro a una sorta di bipolarismo non imposto, come lo definisce Buttiglione, in cui non fosse necessario dare l’indicazione del premier e della coalizione prima delle elezioni, si potrebbe determinare la condizione per il prosieguo dell’attività politica di Monti: la stabilizzazione della grande coalizione». La svolta potrebbe essere determinata dalla amministrative: «lì il Pdl si gioca la sopravvivenza. Capirà se è possibile recuperare il rapporto con la Lega, riprendere in mano città date perse e se chi, effettivamente, ci sta guadagnando dalla permanenza al governo di Monti».
(Paolo Nessi)