Nonostante le aperture bipartisan delle scorse settimane, una riforma condivisa della giustizia sembra ancora piuttosto lontana. È bastato infatti l’emendamento alla legge comunitaria del leghista Gianluca Pini, sulla responsabilità civile dei magistrati, a riaccendere lo scontro.
L’esecutivo, che aveva espresso parere contrario all’emendamento, è stato infatti battuto grazie a 261 voti favorevoli a scrutinio segreto (211 i contrari).
Dura la reazione del centrosinistra, che ha parlato di “impegno tradito” da parte del Pdl e che in questa “vendetta nei confronti dei magistrati” ha visto una pericolosa “riedizione della vecchia maggioranza”. Il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha invece voluto sottolineare il fatto che “interventi spot” in questa materia rendono poco armonioso il quadro generale.
«Probabilmente sarebbe stato meglio procedere in modo meno estemporaneo, facendone un provvedimento di legge a sé – dice a IlSussidiario.net l’avvocato Gaetano Pecorella (Pdl) –. Detto questo, non vi è alcun dubbio che si debba intervenire sull’argomento. Anche l’Europa ci ha richiamato in questo senso: i magistrati devono essere responsabili dei loro errori e dei loro comportamenti».  



L’Anm ha parlato però di “vendetta” e “intimidazione”.

Ma quale vendetta? La responsabilità dei giudici è sacrosanta. Non dimentichiamoci che sul tema gli italiani hanno votato un referendum, poi sostanzialmente tradito da una legge che ha fatto sì che nessun giudice rispondesse dei suoi errori e delle sue negligenze, anche gravi. 
La reazione della sinistra invece conferma una mia antica convinzione.



Quale?

Il Partito Democratico oggi, come i Ds di ieri, si schiera sempre dalla parte dei magistrati, anche quando le riforme che li riguardano sono più che ragionevoli.
Avrei capito, infatti, se avessero detto di accantonare l’emendamento per iniziare a lavorare insieme a una riforma più organica. Se però parlare di responsabilità per la sinistra significa aggredire la magistratura significa che la considerano ancora una “stampella” per le proprie scelte politiche. 

Sarà difficile a questo punto ipotizzare una riforma bipartisan all’ombra del governo Monti?

Guardi, a mio parere, un governo tecnico dovrebbe comunque restarci fuori, perché la riforma della Giustizia ha un contenuto strettamente politico.
Certo, se per miracolo ci fosse un accordo tra le principali forze politiche ci si potrebbe anche pensare, ma quello che è successo ieri dimostra che non ci sono le condizioni.
Se si osservano i numeri, ad ogni modo, si può facilmente notare che sul tema c’è il consenso diffuso delle persone di buon senso presenti in ogni partito.



La presenza di Silvio Berlusconi sulla scena non era quindi l’unica pregiudiziale a un accordo sul tema?

Evidentemente no, o meglio, lo era quando il Cavaliere era al governo. In quella fase c’era infatti chi auspicava di scardinare il premier non in sede politica, ma in sede giudiziaria.
Oggi si nota però che l’atteggiamento protezionista del Partito Democratico nei confronti della magistratura è molto più profondo. Non è un caso che chi nel partito si occupa del tema è quasi sempre un magistrato, come la capogruppo del Pd al Senato, Anna Finocchiaro.

In questi giorni però un giornale come L’Unità sta portando avanti una campagna di riabilitazione nei confronti dell’ex governatore dell’Abruzzo, Ottaviano Del Turco. E, a partire dal quel caso, una figura come Luciano Violante ha fatto delle aperture importanti proprio sul tema della responsabilità civile dei magistrati.

Sul rapporto tra politica e giustizia non credo che Violante esprima ancora lo spirito dei vecchi Ds. Ha fatto grandi passi avanti verso una visione liberale dello Stato e della magistratura.
Ma probabilmente la sinistra italiana ha dimenticato anche alcune grandi figure del Partito Comunista italiano come Malagugini e Chiaromonte…

(Carlo Melato)