L’emendamento del leghista Gianluca Pini, sulla responsabilità civile dei magistrati, passato ieri alla Camera, fa ancora discutere. C’è chi ci ha letto un tentativo di ricostruire la vecchia maggioranza e chi una vendetta trasversale della politica, favorita dal voto segreto, nei confronti della magistratura.
Secondo Stefano Zurlo, raggiunto da IlSussidiario.net, ci può essere però una terza lettura. «In Parlamento c’è una profonda frustrazione. Sul tema dell’economia i politici sono stati invitati a lasciar fare ai professori, altrimenti si alza lo spread. E così, fuori dal “recinto sacro” della finanza, i parlamentari fanno vedere che ci sono anche loro, che magari hanno in mano dei progetti che da anni non si sono mai concretizzati. E non è un caso che la frustrazione maggiore riguardi proprio il tema della giustizia, in cui per anni si è parlato di riforme, ma non si è mai concluso nulla».
Molti opinionisti sottolineano però che l’emendamento di ieri non sia la strada migliore? «Sotto certi aspetti è vero. Anch’io ho molte perplessità. C’è il rischio che i magistrati si facciano condizionare. Ma allora perché non si riforma il Csm? Perché non si creano le condizioni affinché ci sia una corte disciplinare che funzioni veramente? Non solo, in Italia ogni volta che si inizia una riforma si dice che non è la strada giusta, ma l’unica conseguenza è l’immobilismo. A mio avviso le riforme possono anche nascere per caso, per reazione, per un clima che si viene a creare… Nessuno infatti può sostenere che il problema della responsabilità civile dei giudici non sia attuale». Cosa intende dire? «I casi in cui una colpa grave non è stata punita sono numerosissimi. Io, nel mio piccolo, ho potuto fare sul tema tre libri. Dalla seduta ipnotica al teste, dal giudice che perde le carte a quello che si dimentica una persona agli arresti domiciliari… I casi non mancano, ma c’è una costante: non paga mai nessuno». È proprio di questi giorni la campagna dell’Unità sul caso di Ottaviano Del Turco. Anche Violante ha fatto delle aperture sulla responsabilità civile proprio a partire da questo caso emblematico. «Vi ricordate cosa disse il Procuratore di Pescara? Che quello di Del Turco, allora governatore dell’Abruzzo, poi costretto a lasciare, sarebbe stato un “processo lampo”. Ma forse non tutti conoscono il caso del sindaco di Campione d’Italia, arrestato in smoking mentre era con Vittorio Emanuele, fatto decadere dal ruolo di sindaco, costretto a chiudere lo studio medico…». E come si concluse la vicenda? «La competenza passò a Como e la pochezza delle prove portarono all’archiviazione di tutto. Non c’erano nemmeno le basi per cominciare…».
Quindi, oltre alle questioni di merito, la politica ha voluto mandare un segnale ai tecnici? Non ci sono dietro prove di nuove e vecchie maggioranze o strategie di “rientro” di Berlusconi? «Guardi, allo stato delle cose neanche il Cavaliere ha grandi alternative. Non potrebbe certo pensare di poter far cadere tutto e portare avanti lui le battaglie sulle liberalizzazioni e l’art. 18… La verità è che non vuole far saltare il tavolo, anche se il partito è spaccato. L’ala dura continua a insistere per andare a votare. “Meglio perdere, che scomparire lentamente” gli dicono La Russa e tanti altri. Lui però tiene duro, anche se sono sempre di più quelli che hanno paura che questo governo realizzi davvero le riforme che il Paese aspetta da anni, magari agganci la ripresa, e si mangi così tutto il consenso che fino a ieri avevano i politici…».