Il secondo round del confronto tra il governo Monti e le parti sociali si è aperto con il fuoco preventivo dei professori. «Procederemo con o senza il consenso di imprese e sindacati», ha chiarito il ministro del Lavoro, Elsa Fornero. «Il mondo non è più fatto di cose a lungo termine, bisogna prepararsi sempre a nuovi lavori» ha spiegato invece il titolare dello Sviluppo, Corrado Passera, facendo il verso alle parole del Presidente del Consiglio sulla “monotonia del posto fisso” di qualche ora prima.
Un atteggiamento che ha spinto il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, a chiedere di non fornire “esche agli estremisti”, pur riconoscendo le migliori premesse generali su cui il tavolo si è riaperto. Ma sarà proprio la riforma del lavoro l’ostacolo più duro da superare per il governo dei tecnici? «Non c’è alcun dubbio che per Monti questa potrebbe rivelarsi una danza su un campo minato – spiega Antonio Polito a IlSussidiario.net –, non solo per gli aspetti contingenti della politica italiana, ma anche per la storia di questo Paese. Non dimentichiamoci infatti che in Italia gli ultimi due tecnici che hanno provato a lavorare su questo tema sono stati uccisi dalle Br. Parlo ovviamente di D’Antona e Biagi, anche se non è difficile notare che, anche oggi, i politici sotto scorta sono proprio i ministri e i sottosegretari che in qualche modo hanno avuto a che fare con questo argomento. Un dato che rende bene l’idea su che tipo di costruzione ideologica sia stata fatta nel corso degli anni in questo ambito».
Se il tema è così delicato il governo sbaglia ad affrontarlo con questi slogan?
Al di là di qualche battuta, l’atteggiamento di Monti mi sembra in realtà molto furbo e prudente.
Il suo messaggio è chiaro: una parte del lavoro dipendente è garantito e inamovibile a scapito di chi, con un contratto atipico, garantito non lo è affatto e vive, a volte, in condizioni vicine alla schiavitù.
L’obiettivo è sanare questa disparità. Se per raggiungerlo si potrà toccare l’articolo 18 il risultato sarà più avanzato, altrimenti bisognerà valutare che tipo di compromesso verrà raggiunto. Di sicuro però non è quello il punto di partenza.
Lei è fiducioso? La riforma andrà in porto secondo lei?
Sarà molto difficile. Il sindacato, di nuovo unito, sembra voler fare della contrapposizione una bandiera. Penso che alla fine il compromesso ci sarà, ma se sarà al ribasso, sarà del tutto inutile.
Sul piano dei risultati, il governo Monti, sembra molto forte invece nel far accettare agli italiani sacrifici fino a poco tempo fa impensabili.
È vero, ma la politica dovrebbe interrogarsi sulle ragioni di questo consenso. I partiti, anche a causa di un sistema in cui un voto in più era in grado di regalare alle forze in gioco la maggioranza assoluta, si erano purtroppo abituati a rivolgersi a segmenti di elettorato. E così, il consenso dei gruppi sociali di riferimento finiva sempre col prevalere sul bene comune.
Monti invece, non avendo di questi problemi, è riuscito a intercettare il desiderio diffuso dell’opinione pubblica di modernizzare il Paese, anche se ogni categoria, com’è naturale, tende a non voler fare il primo passo.
Secondo Piero Ostellino, i metodi con cui viene portata avanti la lotta all’evasione sembrano puntare però più sull’invidia sociale che sul raggiungimento di risultati concreti. Secondo lei c’è questo rischio?
Guardi, questo tipo di lotta agli evasori, costituita da operazioni deliberatamente spettacolari, è un prezzo d’immagine che il governo Monti, a mio avviso, deve pagare.
Il premier, infatti, deve dimostrare che non stachiedendo soltanto dei sacrifici a quegli italiani che le tasse le hanno sempre pagate, ma sta anche andando a stanare gli evasori. D’altronde, lo stesso Befera ha ammesso che i blitz della Finanza hanno innanzitutto una valenza educativa e simbolica.
Diverso il ragionamento sul redditometro. Mi sembrerebbe infatti francamente incostituzionale che il ricorso a una scuola pubblica non gestita dallo Stato (o “paritaria” che dir si voglia), divenga criterio di indagine fiscale ai danni delle famiglie.
All’ombra del governo Monti, i commentatori politici continuano a sottolineare la scomparsa dei partiti. Ma è davvero così?
Io non penso che abbiano abdicato. Credo invece che abbiano deciso di sfruttare l’“occasione Monti”. Da un lato il Pdl, infatti, non riusciva a fare quello che sapeva di dover fare, perché non era disposto ad andare allo scontro con la Lega. Dall’altro il Pd può dire che è il governo Monti che sta facendo il “lavoro sporco” e che i democratici lo appoggiano solo per senso di responsabilità.
In realtà questo esecutivo sta facendo quella “pulizia” che andava fatta agli albori della Seconda Repubblica e che i due schieramenti non sono riusciti a fare per motivi elettorali.
A cosa si riferisce?
Ci sono delle disfunzionalità evidenti da sanare, dal bicameralismo perfetto al numero dei parlamentari. Per fare questo sarebbe bastato partire dalla bozza Violante su cui tutte le forze del Parlamento sono sempre state d’accordo.
Purtroppo però dialogare con l’avversario, mentre ci si insultava quotidianamente, non era conveniente davanti al proprio pubblico.
La politica, a mio avviso, farebbe bene a recuperare il tempo perduto, per poi poter ridisegnare le “regole del gioco”.
Si riferisce alla legge elettorale?
Sì, anche se è un nodo che si scioglierà soltanto a fine legislatura. D’altronde, è la madre di tutte le leggi ed è quella che può dare la vita, o la morte, ai singoli partiti. Mettere insieme le esigenze, diverse e contrapposte dei singoli, è praticamente impossibile.
Più facile immaginare un accordo tra i due partiti maggiori?
Ci provarono all’epoca Berlusconi e Veltroni, ma non andò bene. I partiti più piccoli subirono una legge che favoriva i grandi, ma si ribellarono subito dopo, causando la fine anticipata della legislatura.
Ad ogni modo, siamo sostanzialmente a un bivio. Da un lato la soluzione spagnola che avvantaggia i due partiti più importanti, dall’altro quella tedesca che a mio avviso si inserirebbe in modo più naturale nel sistema politico italiano, sempre più simile a quello della Germania.
A monte comunque c’è una decisione a livello di alleanze. Se il Pdl decide di fare a meno della Lega, e il Pd scarica l’Idv i due principali partiti possono anche accordarsi, altrimenti non se ne fa nulla…
(Carlo Melato)