È stato proprio Il Giornale, con il titolone in prima pagina del 6 febbraio, a far capire che un cambiamento era nell’aria. «Rifondazione Berlusconi» annunciava il quotidiano, ed è proprio il direttore Alessandro Sallusti a spiegare nella recente intervista rilasciata a IlSussidiario.net che «il Pdl che affronterà le prossime elezioni sarà qualcosa di molto diverso da ciò che abbiamo conosciuto». Berlusconi per il momento smentisce, ma certamente qualcosa all’interno degli “azzurri” dovrà cambiare, come conferma anche Marcello Veneziani a IlSussidiario.net: «Berlusconi sta certamente pensando a una rifondazione del Pdl e credo che voglia cambiare partendo proprio dal nome. C’è però un problema: una volta eliminato il “collante” è difficile rintracciarne un altro, e di conseguenza si rende davvero necessaria una rifondazione politica, rispetto a cui però credo che Berlusconi non sia la persona più adatta».
Come mai?
Un conto è quando scende in campo personalmente e catalizza consensi e dissensi, e un’altra cosa è quando deve stabilire una linea politica: credo allora che il Pdl dovrà trovare un punto comune, oppure avere il realismo di capire che è il momento di separarsi nuovamente e di dar luogo a due, tre formazioni che si coalizzano, si alleano, ma che non sono più un’unica realtà.
Quali potranno essere queste nuove componenti?
Se non si trova un comune denominatore di natura politica, ma anche culturale, credo che si creeranno tre componenti irriducibili: un’anima liberale, una cristiana con tendenza socialista (penso a Sacconi), e un’anima di destra. Se non si troverà un collante efficace, le tre anime prenderanno inevitabilmente tre strade diverse. Certo non opposte, ma diverse. Quindi prima che il Pdl esploda o imploda, forse è bene che si mettano in conto anche queste ipotesi.
Questo “collante” di cui parla da cosa può essere rappresentato?
Attualmente è difficile stabilire questo comune denominatore: fino a ieri era chiaro, rappresentato da Berlusconi e l’antisinistra. Nel momento in cui c’è un terzo soggetto, rappresentato dai “tecnici”, e nel momento in cui i conti vanno fatti non solo con la sinistra, ma anche con un Centro come quello di Casini e con una frammentazione ulteriore dall’altra parte, allora c’è bisogno di collanti di tipo politico-culturale che richiamino una rifondazione politica su temi forti che riguardano lo Stato, la riforma di questo, l’identità nazionale e perfino la difesa della tradizione.
Attualmente però, come detto, non si vedono, e se non accadrà neanche in futuro, allora è giusto che ognuno prenda la sua strada.
Gasparri, La Russa, Alemanno: secondo lei chi potrà prendere il posto di Fini tra gli ex An?
Non credo che ce ne sia uno, e questo purtroppo rappresenta un limite per la destra. Gasparri è la persona che più controlla nel territorio la ex destra nazionale, La Russa probabilmente è colui che ha più capacità di sintesi tra le diverse anime, mentre Alemanno rappresenta la diversità della destra sociale, che quindi distingue ancora di più la destra rispetto al centro liberale, almeno nominalmente.
In questo momento è però difficile individuare uno di loro, o un altro ancora, che possa diventare il punto di incontro di tutte le componenti, e credo che la mancanza di una figura sovraordinata di leader sia proprio il principale problema della destra attuale.
In che modo invece potrebbe rientrare in questo progetto ipotetico la Destra di Storace?
Nel caso in cui si riformasse qualcosa che somigli vagamente ad Alleanza Nazionale, Storace potrebbe rientrare dando forza alla destra sociale, e quindi riportare una componente che forse non dovrebbe essere esclusa. Naturalmente l’esclusione vale finché esiste il partito unico, il Pdl, perché altrimenti sarebbe un caso di miopia politica, sia da parte degli ex An rimasti col Pdl sia da parte di Storace, evitare questa riunificazione. Un’estensione potrebbe essere pensata anche in direzione della componente di Futuro e Libertà, che vuole in qualche modo smarcarsi da questo centrismo indefinito.
A proposito di Fini, come commenta la recente apertura nei confronti di Berlusconi?
Sono aperture che servono più che altro a captare il consenso di un centrodestra in evidente difficoltà, nel tentativo quindi di recuperare qualcosa, considerando che ormai Berlusconi non riesce a tenere unito tutto il Pdl.
E’ una valutazione di tipo tattico, perché purtroppo con Fini non si può parlare di strategia politica né tantomeno di contenuti. Considerando però che ormai anche il clima si è piuttosto stemperato, si può ricominciare a pensare alla politica al di là dello scontroFini-Berlusconi.
(Claudio Perlini)