Il primo giorno di trattative sulla legge elettorale ha messo solo in luce i punti di incontro tra il Pdl e le forze politiche che hanno voluto sedersi al suo tavolo. 
Il Popolo della Libertà e la Lega Nord (a cui l’attuale legge non dispiace affatto) hanno ragionato sui difetti del Porcellum, a cominciare dalle soglie di sbarramento troppo basse. Pd e Pdl, in una nota congiunta, hanno invece sottolineato la necessità di cambiare l’attuale sistema, restituendo innanzitutto ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti. L’obiettivo dovrebbe essere quindi un sistema che eviti la frantumazione della rappresentanza e mantenga un impianto bipolare.
Oggi toccherà all’Udc, che in questi giorni ha voluto dare l’impressione di gradire l’apertura del negoziato, nonostante la voce sempre più insistente di un asse tra i due principali partiti che danneggerebbe le forze minori. 
«Noi parliamo con tutti – spiega l’On. Rocco Buttiglione a IlSussidiario.net –, ma non c’è spazio per le illusioni: il bipolarismo è morto. E l’idea di fare una legge elettorale strettamente bipolare per costringere dentro questo schema un Paese che ne è appena uscito mi sembra proprio una follia».



Lei non crede quindi all’ipotetico patto Pd-Pdl?

Penso che sia una sciocchezza. Le leggi elettorali possono essere fatte solo da un aggregazione di forze che sia realmente presente nella società e nella politica. E basta guardare i sondaggi per capire che i due partiti maggiori, insieme, arrivano a malapena al 50%.
Da soli potrebbero davvero pensare di spartirsi tutta la rappresentanza? Non credo proprio, anche perché è venuta meno la loro egemonia sui partiti più piccoli, come dimostra la fine dell’alleanza tra Lega e Pdl.



Alla luce di queste premesse, qual è la vostra proposta?

Dobbiamo pensare, insieme, a una legge che favorisca le aggregazioni, che ci conduca verso un bipolarismo possibile, senza imporlo con la forza, lasciando aperta la possibilità di arrivare ad altre soluzioni.

Come ad esempio?

I governi di “grande coalizione”. Riflettiamo su quanto è accaduto: dopo che per 15 anni ci avevano spiegato che l’unica salvezza veniva dallo scontro a morte tra due schieramenti, quando i problemi sono diventati seri, per salvare il Paese abbiamo dovuto ricorrere alla “grande coalizione”. Sarà anche proibito chiamarla così, ma questa è la realtà…



Lei pensa al modello tedesco?

Innanzitutto credo che i sistemi che funzionano sono quelli flessibili. Quello tedesco, poi, mi convince perché favorisce la formazione di due coalizioni, ma in caso di necessità permette la grande coalizione. Questo rafforzerebbe, tra l’altro, la componente moderata interna agli schieramenti, che quanto si troverebbe a trattare con le ali estreme avrebbe un’arma in più.

La discussione sulla legge elettorale è strettamente legata alla prospettiva politica verso la quale ci stiamo muovendo. Si parla, ad esempio, della nascita di un Ppe italiano.  

Guardi, nessuno è in grado di dire il come e il quando, ma non c’è dubbio che si stia camminando in quella direzione.
C’è chi vuole salvare la vecchia politica e i suoi schemi, ma la realtà è che, anche volendo, non può più salvarsi. Domani non si confronteranno gli stessi protagonisti di ieri, vedremo volti nuovi e credo, anche se nel tempo, una convergenza tra alcune realtà.

Quali?

I movimenti e le associazioni cattoliche che si sono radunate a Todi, chi nel Pdl vuole costruire un centrodestra “normale”, fuori cioè dal mito  berlusconiano e, infine, l’Udc, che da anni predica nel deserto.
Il traguardo è un partito nazionale, laico, di ispirazione cristiana e dentro l’area del Ppe.
Non bisogna però banalizzare, come se bastasse la somma aritmetica dei partiti di oggi. Servirebbe invece una conversione profonda di questi soggetti e, come dicevo, il contributo di nuovi protagonisti.

Cosa intende dire?

Un esempio su tutti, a partire dalle notizie di questi giorni, riguarda il tema del finanziamento ai partiti. Serve una legge per sottoporre i partiti politici a un’autorità esterna che ne regoli la gestione, ancora troppo opaca. Oggi infatti chi controlla i soldi controlla i partiti.
Vede, spesso mi son trovato a discutere con i vescovi, sostenendo che le scuole di politica non servono a niente. Ho sempre pensato che la politica fosse come il nuoto: se non ti butti in acqua non impari a nuotare e se non ti iscrivi a un partito non fai politica.
Un giorno però uno di loro mi ha colto in castagna e mi ha chiesto: “ma se l’acqua è inquinata diciamo ai nostri giovani di buttarsi dentro lo stesso?”.
Dovremmo rifletterci. I canali della partecipazione politica oggi sono ostruiti. Dobbiamo fare tutto il possibile per liberarli.
Di certo però l’Italia non si salverà se non ci sarà una nuova ondata di partecipazione politica, fatta non di proteste sterili, ma di gente che vuole costruire una presenza e cambiare l’Italia.

(Carlo Melato)

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