Proseguono gli incontri bilaterali sulla legge elettorale promossi da Silvio Berlusconi. Dopo il comunicato congiunto Pd-Pdl, ieri è stato il turno di quello tra Popolo della Libertà e Terzo Polo. «Restituire ai cittadini la libertà di scegliere i parlamentari, non obbligare i partiti a coalizioni politicamente forzate e a vincoli programmatici», i punti d’incontro messi nero su bianco.
«Che il Porcellum debba essere corretto è evidente a tutti – spiega Stefano Folli a IlSussidiario.net –, non è pensabile infatti che i partiti vadano alle elezioni con la vecchia legge. Detto questo, mi sembra presto per parlare di un vero e proprio accordo, anche se sui giornali noto una certa enfasi».
Le posizioni dei diversi partiti sembrano ancora piuttosto distanti?
Per ora c’è solo una diffusa volontà di cambiamento, da verificare nei fatti. Vedremo se si limiterà a produrre una lieve correzione del Porcellum, sul fronte della possibilità di scelta degli elettori, o se sfocerà in una vera riforma.
Nel primo caso basterebbe qualche piccolo escamotage. Nel secondo invece le cose si farebbero più serie: bisognerebbe innanzitutto stabilire se si vuole un bipolarismo estremo, vicino al bipartitismo, o un riassetto multipolare. E su questo le opinioni dei partiti sono molto diverse. I partiti maggiori puntano a un sistema bipolare, Casini propone un sistema tedesco che riconosca 4 o 5 blocchi.
C’è poi un problema di tempi.
Ci spieghi meglio.
Difficile che si riesca a cambiare la legge elettorale, dopo aver fatto le riforme istituzionali, in questa legislatura. Teniamo presente che a dicembre dovremo considerarla praticamente conclusa, anche perché bisognerà eleggere il nuovo Presidente della Repubblica entro il 15 maggio e il Parlamento dovrà essere pronto a votare intorno al 25 aprile.
Ma, al di là di queste innegabili difficoltà, come va letta secondo lei questa ripresa di iniziativa da parte dell’ex premier?
La sua è stata una mossa dal sapore piuttosto tattico, che lo ha riportato al centro della scena politica e che dovrebbe permettergli di tenere unito il partito ancora per un po’.
La sua linea di sostegno al governo e di ammodernamento del sistema era comunque l’unica immaginabile. L’alternativa, peraltro poco credibile, era quella di fare il Le Pen italiano contro tutti, dal Quirinale all’Europa.
L’apertura di un tavolo con le altre forze, comunque, gli lascia le mani piuttosto libere. In base all’andamento del negoziato potrebbe anche cambiare idea e tirarsi indietro. Non sarebbe la prima volta…
Sono i suoi avversari, quindi, quelli più in difficoltà?
Direi di sì. Il Pd è molto più a rischio logoramento del Pdl, e non solo per questo motivo. Poi c’è il Terzo Polo, in una situazione per certi versi paradossale: da un lato auspica sempre che i grandi partiti inizino a dialogare, quando però questo si realizza va in sofferenza, come se perdesse la sua funzione.
Infine la Lega Nord. Per il momento sta tenendo una linea oltranzista che dubito possa mantenere anche dopo le amministrative.
Un appuntamento che imporrà ai partiti di sciogliere qualche nodo?
È senza dubbio un tornante importante. Nella Lega comunque non vedo all’orizzonte scenari apocalittici. Più ci si avvicinerà alle elezioni e più sarà interesse del Carroccio trovare un compromesso con i suoi ex alleati.
Per quanto riguarda il Pdl c’è poi chi ha letto l’intraprendenza di Berlusconi come un tentativo di limitare Alfano. A mio avviso però il Cavaliere vuole rimanere sulla scena, ma non da candidato, da regista e il segretario del partito resta il suo proconsole. Non vedo cambi di cavallo in vista…
Prima accennava alle sofferenze del Partito Democratico.
A mio parere dipenderanno principalmente dalla trattativa sul lavoro. D’Alema ha dichiarato che i democratici non creeranno problemi al governo anche se non venisse raggiunto un accordo con i sindacati.
La cosa è credibile, ma il Pd non potrà non mettere in conto dei contraccolpi significativi all’interno del suo mondo…
(Carlo Melato)