La risposta di Bersani al protagonismo di Alfano non si è fatta attendere. «È da irresponsabili accendere fuochi nel momento in cui deve andare avanti l’azione del governo», ha dichiarato ieri sera il segretario del Pd, dopo che il “delfino” di Berlusconi nei giorni scorsi aveva fatto saltare il tavolo dei leader di maggioranza e si era guadagnato i titoli dei giornali con i suoi affondi sul lavoro, la famiglia tradizionale e il processo a Dell’Utri. 
«Al di là delle valutazioni sui contenuti, è interessante notare il tentativo di Angelino Alfano di cercare argomenti diversi dalle tradizionali tematiche care a Silvio Berlusconi – dice Stefano Folli a IlSussidiario.net –. Se il vertice di settimana scorsa era infatti saltato su temi “berlusconiani” come Rai e giustizia, nelle successive dichiarazioni il segretario del Popolo della Libertà ha mostrato un evidente sforzo di originalità. D’altra parte, c’è una nuova immagine ancora tutta da costruire».



Tra Berlusconi e Alfano iniziano a emergere due progetti diversi? Da un lato il desiderio di favorire una Grande Coalizione, dall’altro la voglia di rinnovare il Pdl attraverso i congressi e di tornare al più presto alla competizione bipolare?

A mio avviso, più che una differente strategia, c’è una sorta di “gioco delle parti”. I due hanno ruoli molto diversi: il “padre nobile” di un partito infatti, a differenza del segretario, può anche fare un certo tipo di appelli.
Detto questo, il dato politico più interessante delle ultime settimane, secondo me, resta però la crisi della Lega Nord. Sono emerse infatti delle spaccature interne profondissime ed è ormai evidente che il travaglio del Carroccio coincide con la fine del dominio di Umberto Bossi. L’imperatore non governa più il suo impero. Gli scossoni lo dimostrano ed è difficile prevedere come si concluderà la vicenda.



Da Flavio Tosi a Davide Boni: qual è il caso più “pericoloso” per la Lega?

Sono due fenomeni diversi che ci mostrano che questo partito sta diventando qualcosa di nuovo che ancora non conosciamo. Il primo in positivo, il secondo in negativo, ci dicono che un vecchio equilibrio è saltato.

Possiamo quindi dare per archiviato l’Asse del Nord e, specularmente, la foto di Vasto?

Per quanto riguarda il vecchio patto tra Pdl e Lega non ci sono dubbi. In futuro potranno esserci delle intese, ma la storia che avevamo conosciuto è finita. Sulla foto di Vasto, invece, sarei più cauto. È presto per dire se sia superata. Il centrosinistra sta attraversando un momento di grande incertezza e la legge elettorale è ancora un’incognita.

In questo quadro Pier Ferdinando Casini torna a essere centrale.
 



Diciamo che sa interpretare meglio di altri queste situazioni perché dal punto di vista tattico è molto attrezzato. Di certo vuole giocare un ruolo di primo piano e per fare questo continua a tenere le proprie carte coperte. D’altra parte non ha nessun motivo per decidere in fretta. È un interlocutore per tutti, fino a quando non decide, anche se questo indispettisce gli altri leader.

Nonostante le turbolenze che interessano i partiti di maggioranza, per il governo la questione più delicata in questo momento è la politica estera?

Direi di sì, anche se sarebbe scorretto scaricare il peso di questa responsabilità sul ministro Terzi e non dovremmo dimenticarci che scontiamo ancora un grave deficit di credibilità. Risalire la china è piuttosto complicato, nonostante il grande lavoro svolto da Mario Monti in questi mesi. Bene ha fatto il premier a stare vicino al suo ministro, anche perché la responsabilità ricade in pieno su Palazzo Chigi.
Il governo dovrà evitare il rischio di apparire votato soltanto al debito pubblico, all’economia e allo spread, i partiti però non possono illudersi di utilizzare la politica estera per trarre vantaggio nelle questioni interne. Sulla credibilità internazionale del Paese non bisognerebbe dividersi mai.

(Carlo Melato)