«Siamo tutti qui! Nessuna defezione!» ha commentato Pier Ferdinando Casini, pubblicando la foto di gruppo del trio Abc (Alfano, Bersani, Casini), comodamente seduto sulle poltrone di Palazzo Chigi, sotto l’occhio vigile del premier Mario Monti. L’atteso vertice di ieri sera si è aperto così, con un post su twitter del leader Udc. «Forse quell’immagine passerà alla storia – spiega Luciano Ghelfi a IlSussidiario.net –. È un fatto assolutamente inedito: una volta i vertici si ricostruivano con gli sms mandati ai giornalisti, oggi si usano i social network. D’altra parte l’indiscrezione, poi rivelatasi falsa, secondo cui Pier Luigi Bersani aveva abbandonato il tavolo si stava diffondendo in rete. E il fatto che tutti si siano prestati a mandare un segnale di questo tipo dimostra che il clima non era poi così teso».



Dopo oltre quattro ore di vertice, Monti si è dichiarato molto soddisfatto. Questa volta per il governo il successo era d’obbligo?

Quello di ieri sera era certamente un passaggio delicato. Sul piano internazionale, infatti, l’esecutivo continua a godere di grande credibilità, sul fronte interno però l’azione di governo andava rilanciata. 
L’obiettivo comunque è stato centrato. Mario Monti esce rafforzato dal vertice: nei due comunicati si può leggere una sorta di nuovo programma e il metodo stesso che è stato adottato si è rivelato vincente.



Cosa intende dire?

Mettere molta carne al fuoco significa ottenere convergenze e mediazioni diverse che alla fine permettono di raggiungere un accordo ampio. Ogni leader infatti è chiamato a cedere su qualche punto, ma ha anche la possibilità di rivendicare un successo.
Se pensiamo poi che quattro mesi fa i rappresentanti della maggioranza raggiungevano Palazzo Giustiniani passando dal tunnel, mentre oggi si fanno fotografare su twitter, direi che di passi in avanti se ne sono fatti parecchi… 

Gli accordi sulla giustizia e sulla riforma del lavoro sono stati confermati. Siamo alle buone intenzioni o c’è qualcosa di concreto?

I titoli sono molto interessanti, bisognerà vedere però come verranno riempiti perché il diavolo si nasconde nei dettagli. Se si scorrono i due comunicati infatti ci sono delle enunciazioni chiare in materia di lavoro, meno precise sulla giustizia e del tutto vaghe sul resto.
Un esempio: cosa significa fare la riforma delle intercettazioni “tenendo conto delle iniziative dei gruppi parlamentari”? Soltanto chi era presente può sapere se c’è già intesa di massima, su questo tema infatti la politica è rimasta bloccata per anni. Non solo, come sottolineava già Massimo Franco, in questa fase è facile trovare un accordo a un tavolo ristretto, ma è più complicato farlo con i rappresentanti dei gruppi parlamentari.

Per quale motivo?



Ci può sempre essere un’iniziativa isolata che riesce a raccogliere un vasto consenso e stravolge le intese. Per questo è stato annunciato un nuovo meccanismo di consultazione tra il Presidente consiglio e i capigruppo.

Sulla riforma del lavoro quindi non ci sono stati strappi?

Direi di no. Sembra proprio che si vada verso un accordo sul “modello tedesco” e sulle posizioni del ministro Fornero. Una parola chiara quindi sui licenziamenti discriminatori e la possibilità invece di una compensazione economica nel caso di crisi aziendali.
Sarà questa la prossima grande partita che il governo Monti dovrà affrontare. L’intenzione è quella di raggiungere il risultato entro la prossima settimana.

All’appello quindi manca solo la Rai?

Su questo punto direi che la possibilità di una riforma organica debba essere data per archiviata. Non ci sono le condizioni. Le posizioni di partenza d’altra parte erano chiare: Bersani chiedeva una riforma profonda del sistema di governance dell’azienda, mentre Alfano voleva procedere con la legge Gasparri. Casini stava nel mezzo, anche se nei fatti era più vicino al Pdl: meglio eleggere un nuovo cda con queste regole piuttosto che tenerlo in proroga. 
A questo punto credo proprio che il segretario del Pd debba rivedere la sua posizione e rinunci a disertare la Commissione di vigilanza. La battaglia si sposterà sui nomi, il cda scade il 28 marzo e nessuno probabilmente verrà riconfermato.

Oltre a Mario Monti, quindi, chi esce rafforzato dei tre segretari?

Per dirlo con certezza dovremo conoscere i dettagli dei vari accordi. Di sicuro però la posizione di mediazione di Casini ha pagato. Il leader dei centristi continua infatti a esporsi in prima persona e a proporsi come uomo del dialogo. Non a caso, oltre alla trovata della foto, che lo ha messo sotto i riflettori, è stato l’unico a commentare a caldo esprimendo grande soddisfazione.
Più cauti invece Bersani e Alfano. Dove c’è la vittoria di uno c’è la sconfitta dell’altro. E il braccio di ferro è appena iniziato…

(Carlo Melato)