Come è ormai noto, nonostante l’aurea di invincibilità e semiperfezione che gli è stata ritagliata addosso, Mario Monti ha un difetto particolarmente visibile: è permaloso. Non accetta critiche, rimproveri, o che sia messa in dubbio la sua autorevolezza; ogni suo pronunciamento va assunto come verbo dogmatico. Altrimenti, prima o poi, si vendicherà in pubblico, lavando l’offesa esponendo al pubblico ludibrio il malcapitato. Lo aveva fatto di recente con il corrispondente a Bruxelles de Il Corriere della Sera, Ivo Caizzi. Il cronista si era permesso, in un articolo, di citare una serie di casi di nepotismo nel governo Monti. Quando lo stesso giornalista si era trovato a chiedere al premier, nel corso di una conferenza stampa, cosa l’esecutivo intendesse fare per la crescita, si era sentito rispondere: «Credo che il mio governo potrà fare pochissimo o forse niente, dottor Caizzi, se alla testa di questo governo c’è una persona arrivata dove è per una serie di raccomandazioni o per spinte ricevute nel corso della sua vita e non in seguito ad un percorso democratico».
Oggi, intervenendo al Convegno di Confidustria a Milano, ha processato in contumacia il suo collega Francesco Giavazzi reo di aver rimproverato al governo, in un editoriale per il Corriere della Sera, il fatto che il testo sulle liberalizzazioni sta stentando a decollare, mentre i mercati fremono, le corporazioni si stanno organizzando per schivare le falcidie dei loro privilegi e, considerando che la decrescita sarà tra il -2% e il -4%, gli investitori sono sempre più titubanti rispetto all’intraprendere iniziative in Italia. Ebbene: la replica di Monti non poteva essere più velenosa. Dopo aver riconosciuto che l’impazienza è un atteggiamento giustificato, e che la «frusta dell’impazienza intellettuale» è un ottimo sprone per il governo, ha aggiunto: «ma è troppo comodo per noi se quella frusta perde un po’ di autorità perché è imprecisa». Insomma, tutto il giro di parole per accusare Giavazzi di imprecisione e, di conseguenza, perdita di autorevolezza.
Per dimostrare la sua tesi, Monti ha smontato l’editoriale punto per punto facendo, in particolare, presente che i tempi annunciati relativamente al decreto sulle liberalizzazioni sono stati rispettati. E che, anche volendo, non sarebbero potuti essere più brevi per il semplice fatto che, tecnicamente, non sarebbe stato possibile. Monti ha, infine, difeso, il ministro del Welfare Elsa Fornero (che secondo Giavazzi dovrebbe lasciare i suoi colleghi e le parti sociali, se non dovessero comprendere la riforma del mercato del lavoro, al loro destino) sottolineando che, martedì, siederà accanto a lei nell’incontro con le parti sociali.