Dalla riforma del lavoro a quella della giustizia, il vertice notturno di giovedì tra i leader della maggioranza e il premier Monti si era concluso con un accordo ampio, da cui solo la Rai era rimasta fuori. E proprio sul lavoro, la settimana prossima si annuncia come quella decisiva, nonostante la freddezza espressa ieri dal leader Cgil, Susanna Camusso. «Credo che l’accordo verrà raggiunto – dice a IlSussidiario.net il senatore democratico Enrico Morando –. Siamo a un punto avanzato sul versante della riduzione del tasso di dualismo tra lavoratori tutelati e lavoratori senza tutele, attraverso la promozione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. E si registra una convergenza anche per ciò che riguarda la parte relativa alla costruzione di un sistema più universale, capace di coprire questo mondo sul versante degli ammortizzatori sociali. Anche sulla “manutenzione” dell’art. 18 sono fiducioso ed è inutile ripetere che, in ogni caso, il Pd deve lavorare per un’intesa che coinvolga tutti, ma alla fine deve decidere in moto autonomo. Esattamente come fa la Cgil».



Sulla giustizia il governo Monti deve limitarsi a mirare a una maggiore efficienza del sistema?

Garantire ai cittadini un servizio più efficiente mi sembrerebbe una “limitazione” molto positiva. Non ignoro certo i problemi di maggiore difficoltà politica in questo ambito, ma se il governo Monti facesse questo sarebbe già un successo straordinario. Siamo ultimi tra i paesi occidentali avanzati in questo senso e il danno  in termini di capacità di attrarre investimenti esteri è catastrofico. Detto questo sono il primo a dire che non devono esserci argomenti tabù, responsabilità dei giudici compresa.

Se sui primi due punti i partiti di maggioranza hanno raggiunto un’intesa lo stesso non si può dire per quel che riguarda la Rai e le frequenze televisive.



Penso che per il peso che ha nel determinare l’opinione pubblica la Rai sia un tema “istituzionale”. Sono convinto che il governo provvederà a fare delle nomine all’altezza. I partiti dovrebbero preoccuparsi di altro, iniziare cioè un confronto serio per capire se è possibile una governance dell’azienda che la faccia uscire dal novero dei soggetti controllati dai partiti. Riguardo alle frequenze invece il mio parere è fermissimo.

Quale?

L’etere è un patrimonio pubblico e per questo non va concesso gratuitamente. Chi lo utilizza lo paga, concorsi di bellezza non se ne devono fare. Questo vale per Mediaset come per la Rai. Non capisco perché se si debba pagare nel campo della telefonia e non lo si debba fare nel campo televisivo.  



Tra i democratici lei è tra i più entusiasti dell’esperienza Monti. Secondo lei ha senso ipotizzare un suo prolungamento dopo il 2013?

Vede, la discussione impostata in questo modo è fuorviante e introduce un equivoco. La vera discussione che andrebbe fatta nel mio partito, e nel Pdl se lo vorranno, è un’altra. Ammettiamo che il governo dei tecnici riesca a superare tutti gli ostacoli che troverà sul suo cammino e che raggiunga tutti gli obiettivi che si era prefissato. A quel punto il Pd si presenta una proposta politica in continuità con questa esperienza o in contrapposizione, dicendo magari che correggerà i “danni” fatti da Mario Monti? Questo è il punto politico da affrontare, non se Monti si candiderà o meno, dato che ha già chiarito in mille occasioni che non lo farà.
La mia posizione su questo è risaputa: è un’esperienza da rivendicare come positiva, senza alcun indugio…