Di tanto in tanto, in occasioni più uniche che rare, gli interventi della politica sono tali che si riesce a distinguere tra i suoi obiettivi e gli interessi delle banche. E, di tanto in tanto, nello scegliere se tutelare le banche o i cittadini,  i Parlamentari optano per i cittadini. L’eccezionalità dell’episodico evento, purtroppo, provoca delle conseguenze. Ieri, ad esempio, il Comitato di presidenza dell’Abi si è dimesso in massa. E ha minacciato il blocco del credito. Chiariamo subito: a causa di un fraintendimento. Ma tant’è. Il governo aveva accettato un emendamento presentato dalla senatrice Anna Rita Fioroni; ma, a causa di un errore tecnico, la misura suonava una tantino eccessiva. «In commissione Industria, nella trasmissione del testo approvato, è saltata una riga. La conseguenza è che, il provvedimento, risulta imporre il decadimento di tute le commissioni, gli oneri o le competenze accessorie previste dalla banche», spiega, raggiunta da IlSussidiario.net la senatrice Fioroni. «Il Parlamento, in ogni caso – continua –, ha manifestato la disponibilità a ripristinarne il significato originario».



Bene, è quello che vorremmo conoscere anche noi. «L’emendamento ha lo scopo – spiega – di risolvere un problema che imprese e consumatori affrontano nella realtà di tutti i giorni nel loro rapporto con le banche. Anche se, ovviamente, non con tutte». Ovvero: «Spesso ci si imbatte in una serie di competenze, commissioni e oneri accessori privi della necessaria trasparenza, non adeguatamente esplicitati nei contratti e particolarmente gravosi per gli utenti». Un esempio? «Può capitare di aprire una linea di credito e pagare una commissione anche senza che il credito venga effettivamente erogato. E di non saperlo». Qualcosa, bisognerà pur fare per sbloccare la situazione. «Essendo i cittadini privi di alcun potere contrattuale, occorre regolamentare il quadro». Ecco, quindi, cosa affermava l’emendamento originale: «Avrebbe dovuto prevedere che tutte le clausole, commissioni o competenze gravose, in cui si fosse ravvisata l’assenza di trasparenza (attenzione: l’assenza di trasparenza è il criterio venuto meno a causa della riga saltata), secondo i parametri introdotti dal decreto Salva Italia,  fossero da ritenersi nulle e decadessero».



Stabilire in quali casi si possa parlare di assenza di trasparenza in maniera certa e oggettiva sarà pratica contenuta in un successivo passaggio. «Occorrerà attendere una delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio che stabilisca la modalità applicative dell’emendamento ai sensi dell’articolo 117 bis del Testo unico, come modificato dal decreto Salva Italia». Detto ciò, secondo la senatrice, sarà necessario, in futuro, definire ulteriormente la disciplina. «Ad esempio, fissando un tetto massimo alle commissioni di cui sopra; o stabilendo che è compito della politica sollecitare le banche affinché facciano affluire quei famosi 116 miliardi di euro, chiesti in prestito alla Bce, nel sistema creditizio». 



E’ ignota la sorte effettiva di quel denaro. «E’ opinione comune che siano stati impiegati dalle banche per ricapitalizzarsi. Ma, a questo punto, è loro dovere destinarli al sostegno di imprese e le famiglie. Come, del resto, la stessa Bce, pur senza vincoli espliciti, aveva invitato a fare». Le banche, dal canto loro, vanno descrivendo da anni, rispetto all’erogazione del credito, uno scenario idilliaco. «Chiunque abbia un contatto diretto con le aziende sa che non è così. Le concessioni dei prestiti avvengono – se avvengono – a tassi esorbitanti. A cui, tornando al discorso iniziale, ci manca solo che si sommino una serie di gravami occulti».

(Paolo Nessi)