Nuova giornata di trattative a Palazzo Chigi tra il governo e le parti sociali. Il documento sulla riforma del mercato del lavoro, che sta per essere messo a punto, non verrà comunque reso pubblico prima del vaglio del Consiglio dei ministri di domani. Nel Partito Democratico, intanto, la discussione resta aperta. «La posta in gioco è molto alta, ma non per il Pd, per il mondo del lavoro – dice a IlSussidiario.net il senatore democratico Nicola Latorre –. Nel dibattito pubblico, non solo italiano, ma europeo, davanti alla giusta esigenza di modernizzare il mercato del lavoro si stanno confrontando due tesi. Una è quella di chi sostiene che per garantire la crescita bisogna riporre i diritti, l’altra invece afferma che è possibile coniugare la tutela dei diritti dei lavoratori con una politica di sostegno alla crescita. Per quanto mi riguarda propendo per questa seconda ipotesi e condivido pienamente le parole pronunciate in questi giorni dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. La proposta formulata dal governo Monti, infatti, presenta alcuni aspetti positivi, come la riduzione del numero di contratti di lavoro flessibili. Altri sono piuttosto confusi, mentre sull’articolo 18, a mio avviso, c’è un vulnus nel momento in cui si parla della possibilità di risolvere i licenziamenti per motivi economici attraverso l’indennizzo».
Il Pd è apparso molto sorpreso dalle decisioni del governo, come se fosse stato tradito un accordo.
Innanzitutto, era opinione condivisa che la priorità fosse la riforma degli ammortizzatori sociali, anche perché la fase che ci aspetta sarà molto dura, determinerà un piccolo terremoto nel mondo del lavoro e, ad oggi, sono assolutamente insufficienti e parziali da un punto di vista finanziario.
L’impegno era quello di prevedere subito nuovi strumenti e una maggiore disponibilità, ma è stato tutto rinviato al 2017 con delle risorse insufficienti anche se, è bene ricordarlo, vengono pagati dai lavoratori e dalle imprese. È ovvio che tutto questo rende articolato il nostro giudizio.
Cosa intende dire?
Che sarà nostro dovere impegnarci in Parlamento per correggere l’impianto di questa riforma. D’altra parte l’impegno a privilegiare la ricerca tenace di un’intesa con tutte le forze sociali è stato messo da parte e si è scelto di limitarsi a prendere atto delle diverse opinioni.
Il Pd è unito su questo o rischia di dividersi?
Nel nostro partito l’articolazione delle posizioni è nota, ma mi pare altrettanto chiaro che sul tema della tutela dei diritti del mondo dei lavoro si possa trovare una sintesi unitaria. Penso che questo avverrà già nella direzione nazionale di lunedì.
Secondo i giornali inizia a serpeggiare a sinistra il sospetto che il governo Monti si stia sbilanciando in direzione del Pdl.
Mi rifiuto di crederlo. Di certo il Pd sta dimostrando, anche alla luce delle recenti dichiarazioni di Alfano, di essere la forza più responsabile che in maniera costruttiva non intende rinunciare ad alcuni principi fondamentali cercando di coniugarli al delicato equilibrio parlamentare che tiene in piedi il governo. Un esercizio piuttosto difficile, mi creda.
Secondo il vicesegretario, Enrico Letta, comunque il voto favorevole del suo partito non è in discussione, anzi è “ovvio”.
Se parliamo del nostro sostegno al governo e dell’esigenza di portare avanti questa esperienza di governo non c’è dubbio che il nostro impegno è “ovvio”. Sul merito invece di questa questione, vedremo come si sviluppa la discussione, perché ad oggi di scontato non c’è nulla.